Il piccolo Hans - anno I - n. 2 - aprile-giugno 1974
la casa non sua più. Un letto senza tepore e roseità, piani spigoli, ondularità inaccoglienti. Il calore e la morbidità, i colori sontuosi che ci sono anche al buio, la forma che sempre rinnova se stessa: invece il cunicolo vuoto che chiude al fondo il suo lume irrevocabilmente. Angosciose durezze degli ambienti, gli oggetti rinunciare a vederli, con le mani coprirsi la vista come da sempre vuole l'archetipo. Respingevano gli oggetti le mani e lo sguardo con il loro vuoto sagomato, vago sentore di profumo, deside rio che nasceva dal ricordo negato alla realtà, perché non c'è dio miracoloso o immaginazione che tenga, forse il sogno quando può risparmiare l'angoscia nella den sità di una fuga spasimata via da quei vuoti di casse sagomate, da quel parallelepipedi scuri d'ombra sospesi di grucce dondolanti con cli-clac d'ossa sciolte in un monte da Giorno del Giudizio quando ognuno cercherà le proprie e non le troverà, ostinato a volere le ossa e le proprie, e ne morirà di nuovo per disperazione cer cando urlando urli inconsistenti d'anima e si dissolverà in angoscia comune immobile e forse, questa si, eterna. Se il problema era di saper calpestare le macchie egli avrebbe vinto la ripugnanza l'orrore lo schifo la nau sea e l'esitazione. Perché il pericolo veniva dall'esita zione, dal desiderio di quiete e dall'ipotesi dell'essere. Ambiguo enunciò: « Se non agisco non esisto più. La quiete è l'immobilità della morte: l'essere è morte e restaurazione continua di false eternità». Alzò un piede e lo riposò dov'era. « Non mi faccio più infinocchiare», rivolto al pescatore che ancora si guardava gli stivali, cercava di capire se era sentito e ascoltato, « anzi l'infinocchiamento in fondo me lo sono procurato da solo, ma no, non è vero neanche questo, cioè è vero ma non del tutto. Insomma». Alzò il piede e lo posò in un presunto spazio pulito, sgombro a una volu tamente sommaria considerazione. 71
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