Il piccolo Hans - anno I - n. 2 - aprile-giugno 1974

un po' per poterne parlare. In piccole dosi fa meno effetto di un'assemblea. By appointment of her majesty the queen, l'etichetta fa appello a un'estetica del gusto. Non c'è nessuna ana­ logia, nessuna somiglianza tra l'etichetta e la scuola, me ne rendo conto, ma parlare di una cosa così disgustosa non si può, credo, che tenendo l'occhio fisso alla botti­ glia. Scotch whisky distillers, scrivo ciò di cui si tratta come se fosse un compito. Scrivo per non pensare. Alla mia pratica di qualche ora, come insegnante, Mago Mer­ lino, il cui corpo si corrompe scaldando la pietra tom­ bale su cui siede la Dama del lago {Apollinaire), mentre la Voce enuncia le massime della pratica insegnante, cioè non-segnante: a) scrivere per non leggere, b) scrivere per non pensare, c) leggere per non scrivere, d) pensare per non scrivere, e) leggere per non leggere, f) pensare per non pensare. Una pratica che è la negazione di tutte le pratiche. L'analfabeta va a scuola per imparare a leggere e scri­ vere. Egli sa già parlare, ciò che si presuppone debba apprendere è a registrare e interpretare, cioè a praticare il silenzio, a interporre tra le parole uno spazio, un inter­ vallo in cui può inserirsi il pensiero: l'oggetto dell'ap­ prendimento è la strategia del discorso, la pratica del silenzio, l'esercizio della sospensione, cioè, come appare dalle battute preliminari dell'opera di Machiavelli, « l'ar­ te della guerra». Quella degli Orti Oricellari in cui Ma­ chiavelli parlava di tale arte era ben una scuola, fre­ quentata da giovani che nelle vicende politiche della cit­ tà avrebbero messo a prova gli insegnamenti ricevuti fino a perdere la vita. Escluso da ogni pratica, Machiavelli si azzarda a usare del molto che ha veduto e letto per scrivere di una materia di cui non ha fatto professione. E non crede errore « occupare con le parole un grado il quale molti, con maggiore prosunzione, con le opere hanno occupato; perché gli errori che io facessi, seri- 7