Il piccolo Hans - anno I - n. 2 - aprile-giugno 1974

Una sera dell'anno scorso Guattari si sbracciava in un risto­ rantino di porta Ticinese mostrandomi come il significante sia nell'aria e lo si afferri, così a caso, a meno beninteso che ti caschi in testa. La lettera non appartiene a nessuno, si aggira nell'aria, ma là dove si sofferma insiste e determina. Così la lettera rubata (Lacan) porta con sé un forte odor di femina e lascia ricadere su chi se ne impadronisse la maledizione della femminilità. Chi ha sfidato l'ira della donna « subisce fino alla metamorfosi la ma­ ledizione del segno di cui l'ha privata ». E la cosa non sorprende se l'ordine simbolico deve essere concepito non come costituito dall'uomo ma costituente l'uomo. Di chi è il racconto della sirena? Del pescatore o del narratore. Poco importa. Conta invece che, se la lettera si sposta, è perché entrambi sono prigionieri di una riva pietrosa e incatramata o di un battello fantasma. E l'evasio­ ne, il salto nel mare è impossibile se non nel gesto decisivo del naufragio mortale. L'essenza della finzione della lettera rubata è che la lettera ha potuto portare i suoi effetti tanto al didentro: sugli attori del racconto, ivi compreso il narratore, quanto al di fuori: su di noi, lettori, e così anche sul suo autore, senza che mai nessuno abbia dovuto preoccuparsi di ciò che essa voleva dire. TI che di quanto si scrive è la sorte ordinaria (Lacan). c. c.

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