Il piccolo Hans - anno I - n. 2 - aprile-giugno 1974

4 discorsi, il pellicano allo scarabeo, lo scarabeo, il pel­ licano, Maldoror ai contendenti nell'aria. Per concludere Lautréamont narra come ciascuno de­ gli elementi si disperda: il granduca, bello come..., scen­ de nelle crepe di un convento, l'avvoltoio, bello come... sale le sfere alte dell'atmosfera; il pellicano impassibile, immobile, resta come per avvertire i naviganti, lo sca­ rabeo, bello come... sparisce all'orizzonte. Simmetricamente 3 discorsi più 1 e 3 bello come più 1 come per; sale, scende, resta, sparisce. - E io che credevo che fossero delle materie escre­ menziali.. . -. La lingua, il sesso, la donna giocano simultaneamente nel farsi strada materiale di questa frase sempre finita e ricominciata da un canto all'altro dell'opera. Scansione temporale, ripetizione, ripercorrimento del­ la marca, penetrazione violenta, turgescenza senza fine, perdita del pene divorato dalla serpe, stupro, incesto, lingua che si fa strada nel tempo del desiderio, nel suo essere propriamente senza tempo, nell'esplorazione delle lande desolate, del volto materno, della lingua materna. « ...fin dall'inizio, Lautréamont affronta il suo sapere come estraneità assoluta; nella misura in cui rompe que­ sta frontiera del sapere che è il tabù, l'interdetta...» (M. Pleynet, Op. cit.). Tutta la strofa si muove come una ricerca di cono­ scenza, dalla ricognizione di oggetto al problema di sapere . L'enigma sarà sciolto in posizione di morte. Lo sguardo che attraversa la strofa è portatore dell'« invi­ dia», il cattivo occhio, non è tanto voglia di possesso, in quanto l'oggetto non aggiungerebbe nulla: « il bam­ bino che guarda il fratellino [appeso al seno della ma­ dre], chi ci dice che ha ancora bisogno di essere attac­ cato alla mammella?» « Questa è la vera invidia [envie­ invidia-voglia]. Essa fa impallidire il soggetto, davanti 55

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