Il piccolo Hans - anno I - n. 2 - aprile-giugno 1974

cavità oculare lasciando che la punta della lama fuorie­ sca dalla parte opposta del capo: « morto per avere chiuso gli occhi su di un sogno» (M. Roche, Circus, Pa­ rigi '72). Lotta nella veglia contro la veglia, contro il sonno attraverso il sonno, attraverso la notte come due meteo­ re: gli occhi... « Non è mai addormentato; sì, se essere addormen­ tati è ignorare che si dorme; ma s� il sonno è la lucidità prigioniera, se è lo stupore dal fondo del sonno, se è il sogno, come non riconoscere in Maldoror l'opera più impregnata di sonno, quella che rappresenta più forte­ mente la tragedia della lotta paralizzata nel seno della notte?» (M. Blanchot, Lautréamont et Sade, Parigi '63). « Nella veglia c'è elisione dello sguardo» (J. Lacan, Op. cit.). Nella condizione dello snervamento della coscienza nella veglia, l'insonnia è l'altro momento che si congiunge al reale: « La veglia come non vedere che è a doppio senso... Il reale, è al di là del sogno che dobbiamo cer­ carlo» (J. Lacan, Op. cit.); l'oggetto perduto e cercato si muove dietro la presenza a sé come un limite che la lingua infuocata, di un tempo senza sonno, attinge e tra­ sgredisce, prossima ormai all'estenuazione. Nel soggetto speso e accecato gioca liberamente il cozzo dei significanti, essi lasciano dietro di sé, come una scia luminosa, del senso, ma si mantengono in uno spazio precedente a esso e irriducibile: il testo, insonne, bombardato, depone lo sguardo del fuori nell'enigma che l'oggetto estende alla materia, lotta e contraddizione: il desiderio dell'Altro fa nascere il soggetto nel punto in cui lo conduce a uno sguardo per riconoscersi come perso, nella coscienza. La forma del dialogo ricopre l'ultima parte del récit, 54

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