Il piccolo Hans - anno I - n. 2 - aprile-giugno 1974
cui si curva la bocca di Maldoror, il cranio, non indica possesso e superamento, l'oggetto perde la potenza pie trificante non come un enigma sciolto, o un nodo reciso, ma per il fatto che esso si rivela già perso prima di essere raggiunto. Non potrebbe esserci, in ogni modo, sul tavolo, l'uccello impagliato, la scrittura riparte nel suo gioco significante, e l'oggetto è sempre fuori gioco, la dialettica fra desiderio e significante attraversa il sog getto e piove nella lingua come limite e interdetto tra sgredito. Due possibilità: o il soggetto insegue l'oggetto sulla catena metonimica instaurandosi nella logica del sup plemento, potendovi, all'infinito, eludere la castrazione, il vuoto che essa apre nella sua parola; o allora il sog getto esce dalla quete d'oggetto, sposta gli occhi dalla vista, visione cosciente, dell'oggetto del desiderio ed entra nella nebulosa dello sguardo. In questa il détour nei riguardi dell'oggetto si apre in un secondo movimento in quanto l'oggetto stesso è eluso e, di rimando, il mo vimento della scrittura ritorna su se stessa, non poten dosi mai ricongiungere al punto di partenza: lo zero caduto dallo sguardo lascia un soggetto non identico, non puntiforme. Il movimento della scrittura esce dalla superficie speculare riflettente e, come nella fascia di Moebius, incontra il volume del movimento contraddit torio fra dritto e rovescio, lo sguardo si apre su un mondo che guarda, senza captazioni immaginarie, senza essere visto. Spazio senza misura e senza presa, bombardamento dal fuori, rottura meteoritica della scorza del cosciente, caduta nell'interno dell'uovo, nel suo spazio non retti lineo, non puntiforme, sull'orlo del precipizio: l'organo scoppiato nell'usura si sfuoca e si scentra. L'occhio spez za il cristallino, si converte in pozza senza fondo nella bocca dello spazio. Maldoror non dorme, non può lasciare spegnere il suo sguardo in guerra, in questo la scrittura 52
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