Il piccolo Hans - anno I - n. 2 - aprile-giugno 1974
sere si decompone, in una maniera sensazionale, fra il suo essere e la sua sembianza, fra lui stesso e questa tigre di carta che esso dà da vedere» (J. Lacan, Le Sé minaire, Livre XI, Parigi '73). La lampada luminosa è lo sguardo insopportabile dell'esterno su Maldoror, la lotta con l'angelo, il drago, ecc., che si scrive in queste pagine: tutta una letteratura si sposta per volgersi al luogo da cui parte questo sguar do: « io non vedo che da un punto, ma nella mia esi stenza sono guardato dappertutto» (J. Lacan, Op. cit.). Se vedersi vedere appartiene al cogito, come osserva Lacan, essendo legato al narcisismo dell'immagine spe culare, la letteratura compie uno spostamento nel luogo della visione in quanto introduce un guardarsi guardare in cui il soggeto, preso nel desiderio della visione, si inscrive fra quest'ultima e la propria posizione in quanto soggetto volto all'atto del guardare. Se da guardare a vedere si opera una riduzione fon damentale per cui all'indistinto di ciò che si offre indi scriminatamente agli occhi, nello sguardo senza oggetto, segue, nel visto, ciò che la struttura visiva ritiene coscien temente in quanto visione; la letteratura si pone subito · dalla parte del guardare come quell'operazione che con serva al fondo dello scritto la domanda non detta dello scrivente. La funzione del détour mostra propriamente lo scar to fra il discorso apparentemente situato nella visione e di fatto mosso dal luogo dello sguardo come punto non situabile nell'occhio, punto virtuale fra il soggetto, non del cogito, e il fuori che lo guarda, chiamando e soste nendo il suo sguardo. A Lautréamont che si volge allo sguardo non si mostra il punto della sua eventuale insor genza ma un gioco in fugato: dallo pseudonimo al nome paterno e da questo alla mancanza fondamentale di iden tità con se stesso. - Gli angeli somigliano a se stessi: è certo da molto 48
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