Il piccolo Hans - anno I - n. 2 - aprile-giugno 1974

sociologia appianatrice. I nodi non devono essere sciolti, se offrono punti di leva alla pratica. Il nostro non è nemmeno un discorso comodo: dire per esempio che il soggetto è costituito dal linguaggio significa, lo sappiamo, portare all'interno del soggetto una nuova contraddizione. Ma è proprio questo il con­ tributo fondamentale della psicanalisi, ed è questa l'uni­ ca scienza del soggetto di cui disponiamo. Ci rendiamo conto, ancora, del rischio che corriamo pubblicando anche testi di finzione in un momento in cui tanti compagni della sinistra rivoluzionaria considerano questa pratica come un esercizio ozioso ed evasivo. Noi siamo convinti del valore politico della pratica della scrittura soprattutto oggi, confrontati come siamo dal revival neorealistico umanistico da un lato e dall'at­ teggiamento romantico cristianeggiante di certi gruppi dall'altro. Una pratica rivoluzionaria del soggetto deve coinci­ dere con una pratica rivoluzionaria del linguaggio. Lin­ guaggio che non è uno strumento ovvio che abbiamo a portata di mano per l'uso pacifico che ci piace. Pratica del linguaggio che non è espressione soggettivistica (neo­ surrealismo, sperimentalismo, formalismo e compagnia), ma contraddizione di classe portata appunto là dove è il soggetto: nel linguaggio che lo costituisce. E pratica del linguaggio dove solo la finzione possiede l'ambiguità sufficiente a permettere di ripercorrere il soggetto bor­ ghese (il suo linguaggio) e, con la doppiezza, tradirlo. Fingere significa aggirare lo schermo eretto dalla ra­ zionalità di un discorso che, per essere il discorso della civiltà occidentale da venticinque secoli, si vuole solo discorso connotato di scientificità. Ma è sul rapporto tra rimozione delle masse dalla scena della storia, rimozione delle istanze inconsce e rimozione del diverso, il fem­ minile, dal discorso dell'ideologia dominante, che dob­ biamo aprire gli occhi. Tre rimossi della storia. E se ciò 4

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