Il piccolo Hans - anno I - n. 2 - aprile-giugno 1974
detti. La storia dell'occhio non ha tregua che nell'imbe cillità della morte in cui il gesto irrispettoso non ha maggior portata della voce che si perde in uno spazio assolutamente non sonoro. Quella che si svolge nell'ora di lezione non è solo una dialettica di spazi, le mura e la piazza, l'interno e l'esterno, l'oscenità e la pornografia, è anche una dia lettica di tempi. Se l'occhio spiazza il desiderio e il sogno della voce insegnante, la sua storia disloca i tempi. La voce insegue il presente, abbraccia l'attualità, comunica con gli uomini di domani. L'occhio oppone un arcaismo resistente, residui di cattolicesimo, mentalità contadina, oscuri pregiudizi, infantilismi. La voce si colloca nella dimensione del pres�nte, la dimensione del tempo pieno che abbraccia le lezioni del mattino e i compiti del po meriggio perché il rapporto pedagogico non conosce pluslavoro. La voce parla il linguaggio dell'economia politica per cui la giornata lavorativa non ha alcun limite e il valore del prodotto è uguale al valore del lavoro. Ma nel far questo, agente del capitale, la voce comuni cativa e egualitaria, è costretta a riprodurre incessante mente la separazione della scienza dalla massa prole taria, l'estrema separazione che segue la separazione della forza e della volontà che ha prodotto l'operaio dalle membra infantili e femminili. La massa studen tesca, mantenuta così nella separazione dalla scienza, è figura della cacciata dell'elemento adulto dalla fabbrica, della progressiva sostituzione del sistema automatico al talento dell'operaio. Essa è respinta nell'ignoranza invincibile quanto più si sforza all'acquisizione del sa pere. Ma mentre è ricacciata nella miseria della filoso fia, la massa si consolida nella separazione, prefigurando il superamento deJla famiglia borghese e nuovi rapporti 18
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