Il piccolo Hans - anno I - n. 2 - aprile-giugno 1974
<lamento del creder di saper ciò che si dice (dell'imbe cillità). Se dico il reale (o credo di dirlo) è che non so di dire. Ma all'imbecillità del soggetto padrone {non so di dire e dunque so ciò che dico) risponde la scrittura: non so che dire. L'ambiguità della sua parola è l'ambiguità dell'Altro. Non so cosa dire I so solo dire: l'Altro, il sim bolico stesso, la lettera e il significante (il dire), non in siste - dalla sua ek-centricità - che nel detto, nella pa rola falsamente piena del soggetto imbecille. Non so cosa dire, non so e non posso dire altro: la scrittura è nel detto, condannata a inseguire le tra me del soggetto narratore imbecille. Torna, palinodia, indietro e attraversa il romanzo borghese, ma attraver sandolo lo sconvolge, il suo ritorno si fa al contrario: la trama può essere perduta, il tempo sconvolto, per ché al non so cosa altro dire risponde il so solo dire: l'insistenza dell'Altro nella parola piena è il gesto stesso con cui la scrittura rinvia allo scarto da quell'altrove reale che davvero sa ciò che si dice, il gesto con cui essa, scoprendo i limiti della parola che si trova costretta a parlare, scuote l'unità immaginaria del soggetto. Se la parola costituendo il soggetto lo relega nel fondo, se ne discosta, la scrittura, parodia della parola, muovendovisi, rinvia al Soggetto rivelando lo scarto che da esso la separa. Parodia, palinodia, accanto/a lato e attraverso la parola falsamente piena, minarne la pienezza. La casa della letteratura, come la 1t di parà e di palin _ attende da chi la abita non che ne scoperchi il tetto, ma che per correndola ne mostri l'assenza del pavimento. L'uscirne è ripetere l'imbecille fiducia in una parola senza scarto. Conta invece restarvi in una pratica svelata dello scarto. Il nostro romanzo (romanzo impossibile, parodia del romanzo dove si iscrive per esempio una lettera poli glotta raw-manzo: manzo crudo) è parodia e palinodia. 142
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