Il piccolo Hans - anno I - n. 2 - aprile-giugno 1974

si distacca dall'autore ponendosi come felice sintesi di universale e individuale, di essenza e fenomeno, come rappresentazione significativa (' tipica ') in senso umani­ stico-progressivo del processo storico. Dalla cristallizzazione di un rapporto esemplare del singolo con la totalità mediato dalla categoria del tipico emerge dunque l'indispensabile referente normativo di ogni letteratura artisticamente valida, e quindi in que­ sto senso sempre necessariamente realistica, secondo Lukacs. Ma proprio perché questa rappresentazione non è strettamente connessa a quella forma di coscienza pra­ tica che è capace di incidere nelle contraddizioni reali essa resta per Brecht un rispecchiamento « senza ver­ gogna». Varrà la pena di notare che nello sforzo di aggan­ ciare una nozione di realismo dialetticamente signifi­ cante piuttosto che formalisticamente corretta (in quan­ to ricondotta al referente ottimistico-progressista del­ l'umanesimo borghese di taglio ottocentesco), è possi­ bile intravedere il riflesso in Brecht della lezione mar­ xista di Korsch. Ci pare che non si possa intendere fino in fondo la dimensione storica del conflitto teorico che oppone Brecht a Lukacs all'interno del marxismo, se non si prendono in considerazione le implicazioni di ordi­ ne generale che la nozione ' aperta ' di realismo ha in Brecht specie per quanto riguarda il ruolo centrale eser­ citato dalla dialettica. Ed è su questo punto che i rapporti di Brecht con Korsch acquistano un'importanza di pri­ mo piano. Come è noto essi risalgono alla metà degli anni venti (Marxismo e Filosofia è del '23) e le prime delle lettere, in parte non datate, indirizzate da Brecht al ' m 1 aest,ro ' sono del gennaio 1934, anteriormente, dun­ que, alla controversia con Lukacs (1938) . Evidentemente la valutazione brechtiana del concetto di realismo non poteva prescindere dall'avvertimento di Korsch: « Men­ tre secondo la concezione materialistica della storia inte- 126

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