Pègaso - anno V - n. 6 - giugno 1933
698 G . Bucci è come mettersi due maglie o due camicie andando in viaggio di notte : « S i sta caldi come picchi », diceva mia madre poveretta, che del freddo aveva tanta paura. O h com'era vero! P e r c i ò scendendo i n chiesa non si sentiva freddo, e la chiesa era piena di gente : con l'altare fitto di lumi e la navata in ombra, non si riusciva a distinguere nessuno: ma si poteva sempre sognare che fossero parenti, amici, la mamma lontana. L'organo poi aveva certe voci quella notte! accompagnava i mottetti pastorali con tre– muli così umani! L a chiesa diventava casa nostra veramente, e se qualche lagrima usciva dagli occhi, eran lagrime dolci. M a la Pasqua, la Pasqua romana chi la p u ò ridire? quel sole, quelle glicine in fiore per tutte le terrazze, quella gente con gli occhi scintillanti! anche i cavalli delle « botticelle » e le mostre delle trattorie e le vetrine dei barbieri ci parevan chi sa che, dopo essere stati otto giorni interi chiusi dentro per quei Santi E s e r c i z i . . . di cui non dico p i ù male, no, in nessun modo; perché parrebbe che i n se– minario ci fossi stato per forza, come in prigione, mentre non è vero; è vero invece che a sedici anni si è sempre ragazzi, e felici, dovunque ci mettano, con qualunque vestito, anche con la sottana nera, i l collarino, e i l cappello col pelo, che d'estate pesa come i l piombo. Certo che i l m e r c o l e d ì santo, finiti gli Esercizi, eravamo allegri, molto, come pasque : Gesù per noi era risorto prima ancora di mo– rire : la settimana santa la vedevamo con quegli occhi, non riusciva ad affliggerci, piuttosto ci esaltava. Bella dappertutto, bellissima a R o m a , superlativa nella nostra chiesina, dove i l rito aveva sempre la sua s o l e n n i t à , ma per quei giorni ne assumeva una tutta speciale. L a gente lo sapeva e accor– reva : romani e forestieri, inglesi specialmente, quei protestanti che devono esser stufi a morte di quei loro saloni in grigio pulce, — meto– disti, evangelisti e via dicendo, — con le finestrine strette ad arco acu– to, i l motto in gotico sulle pareti, la croce nera dipinta in cima all'ar– co, sopra la cattedra del reverendo pastore, che in stifelius e polsini inamidati tuona la conclone, e poi la sua legittima signora pesta l'armonium, quattro zitellone cantano i l salmo, e i soldatini, che per entrare hanno avuto i l sigaro e i l bicchiere, già occhieggiano la porta. N o ; la nostra chiesa, cattolica apostolica romana, è un'altra cosa. Quella messa lunghissima del g i o v e d ì santo, con le campane •che al Gloria ammutiscono, mentre i l rito continua : l'agonia del
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