Pègaso - anno V - n. 6 - giugno 1933

Il centenario dell'Ariosto 667 parole così energiche al sentimento della r e a l t à e dell'onore, u n ' a l t r a voce si fosse fatta sentire nell'orecchio, come nell'apologo d i P r o d i – co, a raccomandargli d i non rinunciare a u n inganno che l o face– va godere per una v e r i t à che l o avrebbe fatto soffrire, ed egli l'aves– se seguita? ; o meglio che sarebbe accaduto se, dopo aver preso l'anello e aver sotto l'azione d i esso vista la v e r i t à , non sapendo resistere a l l ' o r r o r e d e l l ' i m p r o v v i s a rivelazione e alla nostalgia dei d i l e t t i pas- t a t i , avesse g i t t a t o i l dono insidioso per potersi abbandonare n u o – vamente alle gioie dell'incanto? Sarebbe t o r n a t o agli abbracciamen– t i d i A l c i n a , alle cacce, alle danze, ai d i v e r t i m e n t i dell'isola incan– tata; ma n o n avrebbe p o t u t o ritrovare i l godimento semplice e i n – tero d i p r i m a ; non l'avrebbe p o t u t o r i t r o v a r e p e r c h é aveva visto la v e r i t à . Oramai egli sapeva che sotto le carni fresche ed elastiche della giovane c'era quella sudicia carcassa consumata dagli a n n i e dalla l i b i d i n e . P r i m a era u n ' a l t r a cosa; allora l ' i m p o r t a n t e era che g l i occhi che l o vezzeggiavano g l i apparissero b e l l i e i n n a m o r a t i ; che, vere o false che fossero, le labbra g l i mettessero col bacio i l de– l i r i o nelle vene. A l l o r a , anche se t u t t o ciò che g l i si presentava a l l o sguardo era falsità d'incanto, non era falso i l piacere che provava, a p p u n t o p e r c h é allora la v e r i t à g l i era ignota. Ora egli la conosceva p e r c h é l'aveva vista; la differenza era questa: e non poteva abolire questa conoscenza dalla sua v i t a . Come, conoscendo la v e r i t à , avreb– be p o t u t o r i t r o v a r e l'antica ebbrezza se g l i occhi g l i si ostinavano, magari contro v o l o n t à , a spiar le tracce delle rughe già vedute sotto la guancia vellutata? come avrebbe p o t u t o dimenticar la mano su quel seno colmo senza che i l ribrezzo della pelle flaccida che ancora aveva negli occhi n o n gliela facesse ritirare d i colpo dalla carezza istintiva? come si sarebbe p o t u t o sentire i l coraggio d i ritentare quei baci penetranti che nella p r i m a notte avevano finito d i f a r g l i per– dere la testa, se doveva a t u t t i i m o m e n t i temere d i sentirsi sotto la lingua i l marciume della bocca sdentata o d i aver i l fiato mozzato dalla pestilenza dell'alito? Nella vita la gioia dell'illusione non p u ò reggere contro la coscienza della realtà. M a A r i o s t o c'insegna che i n poesia le cose procedono i n modo diverso. E g l i è per n o i A l c i n a e Melissa : nello stesso tempo crea l'incanto e ci fa scivolare nel d i t o m i n u t o l'anello che ne rivela l ' i r r e a l t à . E questa rivelazione non l o distrugge, ma, confinandolo nel campo che è suo, l o rende i n d i s t r u t – t i b i l e per l ' e t e r n i t à . È la poesia contenta d i se stessa : chiudendosi i n quel riso impercettibile che l'isola dalla v i t a , essa ci dice d i non esser a l t r o che poesia con una confessione che n o n è sopraggiunta alla creazione, ma tacitamente i m p l i c i t a i n t u t t a la sua compagine,

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