Pègaso - anno V - n. 6 - giugno 1933

6 6 4 A. Zottoli quel particolare del « F u r i o s o » . I l Cesareo, quando v o l l e giustifi– care, ed ebbe ragione, i l lamento d i O r l a n d o da m o l t i notato d i artificiosità, ricorse alla psicopatologia, senza pensare che, col t r a – sportarlo dal poema nella v i t a reale, l o distruggeva. I l lamento d i Orlando, e q u e l l i d i Bradamante con esso, n o n sono p i ù artificiosi del resto del poema, n o n p i ù artificiosi, per es., quando siano isolati anch'essi, del lamento d i O l i m p i a abbandonata o dell'invocazione d i M e d o r o alla l u n a ; ma l'errore è nell'isolamento. È stato osser– vato che nelle sue liriche d'amore A r i o s t o n o n ha m a i f a t t o uso d i concetti lambiccati sul t i p o d i q u e l l i che mette i n bocca d i O r – lando e Bradamante. N o n si nega. M a quelle liriche, sebbene d ' i n – tenzione ed elaborazione letteraria non dissimulata, volevano p u r rispondere agli affetti d i u n personaggio reale, mentre i l a m e n t i d i . O r l a n d o e Bradamante rispondono ai m o t i d ' i n d i v i d u i v i v e n t i solo nel poema, e q u i n d i f u o r i della r e a l t à . Personaggi f a z i o n a t i per la v i t a letteraria attraverso tante trafile, per lamentarsi, n o n possono ricorrere ad a l t r i mezzi, p e r c h é quello è i l l o r o linguaggio naturale, t a n t o p i ù naturale i n quanto esisteva, si p u ò dire, p r i m a d i essi che 10 adoperano. N o n è senza significato che quel lamento che B r a – damante farà i n ottave nel X L V del « Furioso », fosse alcuni a n n i p r i m a stato fatto da A r i o s t o i n nome d'ignota e i n terzine. I n questo caso le aggiunte del ' 3 2 ci fanno cogliere sul f a t t o i procedimenti con cui i l poema f u elaborato. I l petrarchismo, assieme coi r i c o r d i clas– sici e t u t t i g l i a l t r i elementi del rinascimento erano l'ambiente che aveva reso possibile la nascita d i quei personaggi, ed avendo, già p r i – ma d i porgere u n mezzo d i espressione ai l o r o affetti, c o n t r i b u i t o alla l o r o formazione, restano l o r o nelle ossa come una malattia i n – guaribile o u n p r i v i l e g i o inalienabile. Se la critica si è p o r t a t a p r i n – cipalmente sulla pazzia d i O r l a n d o e sulla gelosia d i Bradamante, ciò dipende dal fatto che i n quelle congiunture si determinano p i ù che altrove dei p u n t i d i biforcazione dove i l lettore, abbandonan– dosi involontariamente all'onda della v i t a reale, invece d i seguire 11 r i t m o della poesia, rischia d i uscire dal cerchio chiuso del poema. A g g i u n g i a m o che n o n rischierebbe solo, ma, p o i c h é i n quei p u n t i i l sogno per l'estremo della coerenza che ha raggiunto rende i n pieno l ' i l l u s i o n e della v i t a , ne uscirebbe anche, se quei concetti petrarchi– sti n o n venissero a r i p o r t a r v e l o con una certa violenza. H a n n o essi, come si è detto, una funzione ironica? Sì, se per i r o n i a , — i r o n i a ariostesca, già si capisce, — si v u o l intendere discriminazione della poesia dalla r e a l t à . Dove essi compaiono, i l poema diventa p i ù i r o – nico p e r c h é diventa p i ù trasparente. I l riso che è i n esso affiora alla

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