Pègaso - anno V - n. 6 - giugno 1933
6 5 6 A. Zottoli del suo romanzo; non g l ' i m p o r t a v a . N o n gravato dal peso della letteratura, n o n i m p e d i t o dai freni della scuola, saltava con i m p e t o spensierato entro i l suo m o n d o poetico per spingerne a v a n t i le av– venture, a onore e gloria della bella baronia che voleva d i v e r t i r s i ; e quando i cavalieri avevano approvato, quando le labbra delle da– me avevano sorriso, i l suo cuore era sodisfatto. M a A r i o s t o che t u t t o accoglieva, che n u l l a dimenticava, sentiva troppe responsa– b i l i t à p e r c h é potesse abbandonarsi a q u e l l ' i m p e t o spensierato. N e l suo cuore n o n c'era una sola passione; n é una sola passione poteva farsi valere, senza che le altre non sopraggiungessero a impedirne, a frenarne, a ridurne l'affermazione. Probabilmente anch'egli q u a l – che v o l t a f u preso dal capriccio d'intervenire nel suo m o n d o poetico; ma, invece d'obbedire alla tentazione, fece u n passo i n d i e t r o e stette a guardare, i n attesa che l o spettacolo si svolgesse liberamente i n n a n z i al suo occhio t o r n a t o calmo. T r o p p e cose per l u i contavano p i ù del capriccio degli a l t r i e suo; troppe cose g l ' i m p e d i v a n o d'obbedire alle tentazioni. Erano le belle poesie, le belle favole d e l l ' a n t i c h i t à , erano i componimenti gloriosi della nuova poesia toscana, e le commedie, e le novelle, e le fantasie, erano magari i concetti della lirica c o r t i – giana e le regole della lingua toscana che i l Bembo forse aveva già portate con sé nel suo soggiorno a Ferrara. L a fase dei versi l a – t i n i n o n era stata un'avventura transitoria. Quando egli dalla composizione latina p a s s ò a quella volgare, si t r o v ò nella fantasia e per così dire nell'organismo i l bisogno delle forme compiute e de– finite, si t r o v ò nelle m a n i l'arte della carezza lunga e raffinata sotto cui l'espressione, come u n corpo i n abbandono, si distende e rivela le sue forme. I l classicismo del « Furioso » n o n è p i ù nell'uso, a quei t e m p i così comune, d i nobilitare con certi n o m i , certe formule e certe favole la materia t r a t t a t a ; ma è penetrato nella trama stessa della poesia, nella compagine stessa dei personaggi, dove n o n è p i ù tollerato i l t r a t t o sommario e incoerente, la scelta a r b i t r a r i a , i l ge– sto subitaneo. C o s ì anche per g l i a l t r i elementi. T u t t o ciò che ad A r i o s t o era entrato una v o l t a nella testa, n o n era passato senza lasciare u n gusto incancellabile e una c a p a c i t à permanente. E g l i si regolava naturalmente come se g l i a l t r i non avessero agito per sé, ma f a t t i esperimenti per l u i . Messi a c o n f r o n t o col « F u r i o s o », 1 componimenti precedenti n o n sono p i ù opere d'arte i n f e r i o r i i n cui una determinata ispirazione si sia fissata ed esaurita, ma schizzi, abbozzi p a r z i a l i preparati i n vista d i un'opera d'arte n o n fatta a n – cora e che doveva essere compiuta. I n v i t i alla poesia p i ù che poesia. Incontrandosi nella sua fantasia, essi agiscono l ' u n o s u l l ' a l t r o , d i -
Made with FlippingBook
RkJQdWJsaXNoZXIy