Pègaso - anno V - n. 6 - giugno 1933

6 5 4 A - Z o t t o { ì persona alquanto superba, cominciamo per dire modestamente che i l « Furioso » è l'opera che t u t t i i p o e t i del rinascimento avrebbero v o l u t a fare o aver fatta. Se guardiamo a t u t t o ciò che nel rinasci– mento f u poesia o t e n t a t i v o d i poesia, ci t r o v i a m o i n n a n z i a una m o l t i t u d i n e d'elementi strana e incomposta. L'enumerazione n o n è possibile p e r c h é c'è d i t u t t o e i n t u t t e le forme; dal cantare l e g - . gendario e cavalleresco si va all'epos i n esametri d o t t i e noiosi, dal poema m i t o l o g i c o a quello genealogico e a quello parodistico, e p o i i d i l l i , e beffe paesane, e novelle scherzevoli, edificanti e lagrimose, e liriche d'intonazione petrarchesca, l a t i n a e popolare, e l a u d i sacre, canti carnascialeschi, s t r a m b o t t i , e v i a v i a fino alle selve, alle cacce, alle stanze per le varie giostre; c'è l'ispirazione che viene dalla corte, dalla piazza, dalla letteratura, i l ricordo classico s'incapestra con quello medievale, l'aspirazione platonica s'incontra con le sugge¬ s t i o n i dell'esperienza p i ù volgare, l'adulazione cortigiana s'accoppia con la superbia letteraria dispregiatrice delle c o r t i . Q u a n t o p i ù questi elementi si studiano nella l o r o materia, t a n t o p i ù irremediabilmente risultano eterogenei. M o l t e v o l t e l ' e t e r o g e n e i t à l o r o è presente e s t r i – dente nello stesso poeta e nella stessa poesia, p o i c h é dovunque ci sia intenzione d'arte, c'è i l bisogno d i r i u n i r m o l t a roba e l ' i n c a p a c i t à d i trovarne l ' u n i t à . Pure i n quella v a r i e t à d'elementi così disgregata e disparata si avverte un'aspirazione comune. Le o r i g i n i , le i n t e n – z i o n i , g l i scopi d i v i d o n o ; ma c'è u n ' a n i m a segreta che v u o l fonder t u t t o , e che, a quanto pare, reclama la presenza d i t u t t i quegli ele– m e n t i disparati e disgregati perché solo dal l o r o concorso s i m u l t a – neo p u ò trarre l'essere e la forza. Vedete le « Stanze per la giostra ». I l poeta si propone la ce– lebrazione di G i u l i a n o de' M e d i c i ; ma la fantasia per se stessa mossa vede quelle figurazioni della caccia, della primavera, della bella S i – monetta, della casa d i Venere. I f o n t i ne sono stati i n d i c a t i con facile esattezza, ma guai a risalirci : saremmo p o r t a t i a considerarle pezzi b e l l i e f a t t i messi a quel posto come f o r m u l e convenzionali, mentre sono i m m a g i n i nate allora e che nella l o r o freschezza an- • cora ritengono quella v i v a c i t à che potrebbe d i r s i dello stato na– scente. « Forme vaganti, d i cui nessuno cerca i l legame : ciascuna compiuta i n sé », dice i l De Sanctis. È vero : nessuno l o cerca ; ma forse vorrebbero cercarlo esse stesse, p e r c h é qualche cosa ci fa sentire che, indipendentemente d a g l i scopi e dai pretesti che ne hanno occasionato la nascita, sono apparentate t r a l o r o , e che, i n – dipendentemente da q u e l l i , tendono, se n o n a u n i r s i , a mostrare i l l o r o legame d i parentela. N o n v o g l i o approfondire quel g i u d i z i o ; i

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