Pègaso - anno V - n. 6 - giugno 1933

6 4 8 A. Zottoli l'apparenza, n o n vuole spingere i l suo esame così a f o n d o : « A me par oro p o i che sì risplende ». S o p r a t t u t t o p e r ò tiene a essere com– pleto; a quest'effetto n o n teme d i tornare su se stesso: quando i n u n ' o t t a v a sembra che la parola n o n abbia esaurita la visione, ecco d i rincalzo l ' o t t a v a successiva, — e forse gioverebbe studiar d i p r o – posito questi c o n t i n u i r i n c a l z i che sono così t i p i c i del « Furioso », — a riprenderla e completarla. N o n rifiuta nessuno dei c o l o r i che g l i offre la tavolozza a sua disposizione, come nessuno degli accor– g i m e n t i e degli scaltrimenti letterari p r o p r i del suo tempo; ma l i adopera da calmo conoscitore e a ragion veduta. Anche le metafo– re i n l u i , p i ù che come u n p o r t a t o i n v o l o n t a r i o dell'accensione fan– tastica, ci si presentano, a parte la l o r o funzione ornamentale, come l'espediente freddamente escogitato per rendere nella l o r o preci– sione e nella l o r o sfumatura le cose viste. Le s i m i l i t u d i n i sono m o l – te e i n qualche p u n t o m o l t e p l i c i ; ma p i ù che a muovere i n o s t r i affetti sembrano destinate a p o r t a r c i da u n o stato d ' a n i m o i n v o – lontariamente commosso alla t r a n q u i l l i t à della contemplazione, e forse anche a collegare i l mondo remoto e prestigioso della poesia con quello vicino e modesto della r e a l t à quotidiana. I l nostro cuore è toccato, ma solo quanto basta p e r c h é la fantasia sia messa i n m o t o , n o n p i ù . Spesso dove i l fatto è p i ù i n a u d i t o e commovente, i l pa– ragone è p i ù calmo e b o n a r i o ; e tanto poco i l poeta è preso dalla com– mozione d i ciò che vede che, quasi dimentico delle cose, p u ò fermarsi a svolgere e particolareggiare la s i m i l i t u d i n e con t u t t a t r a n q u i l – l i t à e posatezza. M a , p o i c h é A r i o s t o i n persona ci ha dato la tentazione d i r i – salire a U ' « I n n a m o r a t o », e n o i ce ne siamo lasciati vincere, t o r n i a – mo, almeno per u n momento, a Boiardo. L a cosa p u ò riuscire i s t r u t – t i v a p e r c h é , messo d i fronte a Boiardo, A r i o s t o respinge da sé m o l – te delle qualifiche che g l i sono state a t t r i b u i t e e n o n g l i apparten– gono; respinge, assieme con le altre, quella qualifica d i m o b i l i t à , v e r s a t i l i t à , v o l u b i l i t à che, forse p e r c h é i n una celebre l i r i c a latina egli ha cominciato a riconoscersela da se stesso, t a n t o ha dato da parlare ai c r i t i c i . I n v e r i t à , se fra i due c'è uno che cambia, questi è Boiardo per cui la poesia fa parte della v i t a . N e l l ' « I n n a m o r a t o » c'è f a t t i d i t u t t i i generi, sentimentali e farseschi, d i guerra, d i av– ventura, d i galanteria; e i l poeta che prende l ' u m o r e delle cose rac– contate, si trasmuta nel passare d a l l ' u n o a l l ' a l t r o ; è i n n a m o r a t o o lagrimoso nel fatto sentimentale, spensierato nell'avventura, buffo nella farsa, licenzioso nella galanteria. I n quella commozione a fior d i pelle si riflette la partecipazione alla v i t a senza cui la sua ispira-

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