Pègaso - anno V - n. 6 - giugno 1933

che canta, e non si vergogna d i apparir paziente, i l poeta paziente d i eroi i m p a z i e n t i . Certo, se andasse a interrogare le sue dame e i suoi cavalieri, non penerebbe m o l t o ad accorgersi che essi, anche dopo essere passati da una poema a l l ' a l t r o , sono nel l o r o fondo q u e l l i d i p r i m a , e ancora seguitano a pensare che « la pazienza è pasto da p o l t r o n e » . M a che perciò? E g l i osserva i suoi personaggi, n o n si confonde con essi; sa che una cosa è la v i t a , u n ' a l t r a la poe– sia, e sa a n z i t u t t o che una cosa sono i suoi affetti, u n ' a l t r a i l suo poema. T r a Boiardo e l u i , — t r a Boiardo che, se g l i cadeva l'esal– tazione, perdeva la capacità d i poetare, e l u i che n o n l'acquista se n o n dopo che g l i è riuscito d i ritrovare i l suo sangue freddo, — la d i v e r s i t à emerge evidente nel confronto dei due accenti, dei due m o – d i d i espressione, delle due a z i o n i che esercitano sul lettore. Q u a n – do è preso da u n sentimento, Boiardo si affretta a coglierlo nella sua immediatezza drastica e suggestiva per seguirne i m o t i , per dar sfogo nella parola alle smanie, agli entusiasmi che si destano i n l u i ; A r i o s t o si ferma, attendendo che si espanda i n immagine, e se la formazione dell'immagine n o n è completa, la sua poesia n o n sa rappresentarla. Boiardo cui i m p o r t a l'impressione, si sbriga a co– municarne i l calore con parole provvisorie e contagiose, — la r i – cerca della parola definitiva farebbe svanire quel calore che i l ver– so è destinato a comunicare; — A r i o s t o cui i m p o r t a la visione, ne scruta i lineamenti come u n osservatore curioso e m i n u t o , e sicco– me, se non l i riproducesse con esattezza, verrebbe meno al suo compito, n o n g l i duole d i perder tempo per cercar la parola p r o – pria e definitiva. Questa d i v e r s i t à delle l o r o i n d o l i risalta perfino quando l ' u n o e l ' a l t r o ottengono i f a v o r i delle rispettive belle : d o – ve Boiardo intonava i l grido d i t r i o n f o , credeva d i essere salito al cielo, reclamava la corona trionfale alle chiome, A r i o s t o si l i m i t a a chiedere la lucerna rivelatrice delle forme godute. L a chiede n o n solo p e r c h é , come egli dice, g l i r i n n o v i i l godimento passato con la gioia degli occhi, ma anche perché quel delirio che è bastato ai suoi sensi, n o n basta alla sua poesia : a l u i come poeta, se m a n – casse i l modo d i vedere, mancherebbe anche i l modo d i precisar l'immagine nel verso. Anche A r i o s t o ha avuto la sua ora d i entu– siasmo; senza dubbio. Se non avesse desiderato la donna, n o n sa– rebbe p o t u t o giungere nelle sue braccia; e se n o n si fosse appassio– nato per i l m o n d o che canta, non potrebbe fermarsi a guardarlo con tanta insistenza, quasi come se i n quella contemplazione fosse la ragion d'essere della sua v i t a . M a egli diviene poeta solo dopo che è riuscito a dominare l'entusiasmo. D a l l a uniforme p l a c i d i t à

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