Pègaso - anno V - n. 6 - giugno 1933

donne e i cavalieri si unissero per ascoltare, egli n o n potrebbe ac– comodare le sue i n v e n z i o n i al l o r o gusto, p e r c h é solo le cose che canta sono normative per l u i , e solo da queste p u ò prendere i s p i – razione. Anche q u i la differenza fra B o i a r d o e A r i o s t o si annuncia fin dalle prime parole. N e l dare i n i z i o al poema, Boiardo vede i « signori e cavalieri » adunati i n n a n z i ai suoi occhi per d i v e r t i r s i ; A r i o s t o « le donne e i cavallier... che furo al tempo che passaro i m o r i d ' A f r i c a i l mare » ; l ' u n o coloro che ascoltano i l canto, l ' a l – t r o coloro che sono cantati. Si tratta d i d i v e r s i t à che tiene a radici profonde. Mentre 1' « I n n a m o r a t o » era nato dallo stato d'animo esaltato degli « Amores », i l « Furioso » nasce dallo stato d ' a n i m o distaccato delle « Satire », e p r i m a che delle « Satire », della lirica latina giovanile. Per diventar poeta, Boiardo aveva bisogno d i en– trare i n un'atmosfera eccitante. L o n t a n o dai t r a t t e n i m e n t i d i cor– te, egli perdeva la voglia e la capacità d i cantare; quando l ' i n v a – sione gallica disperse la bella baronia, perdette anche la speranza d i portare a compimento i l suo poema. Quella v i t a d i lusso a cui aspirava, era la condizione indispensabile della sua poesia; e la poe– sia, p i ù che esprimerla, ne faceva parte, p e r c h é ne era i l completa– mento e i l fiore. M a per A r i o s t o tutte queste cose non hanno i m – portanza : egli, i n quanto poeta, non s'accorge neppure se i l m o n – do è i n pace o i n guerra. N o n mai g l i eserciti stranieri si sono ab– b a t t u t i s u l l ' I t a l i a i n modo così straziante come negli anni i n cui fu composto i l « Furioso » ; Guicciardini che era d i cuore assai me– no tenero, nel tesserne la storia, non ha saputo reprimere la p r o – pria commozione; ma A r i o s t o , mentre f u o r i i n f u r i a la strage, se– guita i m p e r t u r b a t o a lavorare; ricorda g l i avvenimenti i n questa o quella delle considerazioni d i cui i l racconto è inframmezzato, ma non ne riflette la p i ù lontana ombra sull'opera serena della creazione. L a sua poesia, come non dipende da coloro che l'ascol– tano, così non dipende nemmeno dall'esistenza d i questo o quel t i p o d i convivenza o dalla prevalenza d i questo o quel monarca : Q u i d nostra an gallo regi an servire latino? Sentendo che la v i t a n o n si confonde con la poesia, egli cerca solo d i n o n esserne disturbato, d i astrarsene. Si lamenta d i dover attendere alle cure della famiglia, agli incarichi del cardinale, alla punizione dei l a d r o n i ; ma si lamenterebbe anche se fosse costretto d i partecipare alle danze, alle conversazioni, ai d i v e r t i m e n t i d i cor– te. P r o p r i o i n una caccia, i n una d i quelle cacce che al Boiardo so- levan dare tanto diletto, Ercole Strozzi l o colse a meditare un'ele– gia appartato dagli a l t r i e nell'atteggiamento che l o definisce: « d i -

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