Pègaso - anno V - n. 6 - giugno 1933

G . PAPINI, Dante vivo 7 5 7 perché poi tutto confluisce a maggior lode di colui che seppe bruciare le scorie e armonizzare le contraddizioni, e salir fino a Dio dal suo fango mortale. Dante è crudele, vendicativo, sopporta male, egli, il lodatore di San Francesco (e che lodatore), la povertà e il pane altrui, gli piaccion fin troppo le donne. Perfino la deificazione di Beatrice è « stravaganza erotica ed eretica » ; ma è anche « una delle più singolari arditezze del suo grande spirito ». F u cristiano, ma non cristiano perfetto. Dante, « ben poco, di– ciamolo colla schiettezza che merita, ha del santo ». È altro e diverso; è un grande poeta. Ma non si capisce la sua poesia senza quello che abbia– mo detto sopra e senza conoscere i suoi casi. II suo poema è « una rivin– cita e una vendetta ». Papini, in un suo saggio giovanile, lo definì giu– stamente « un giudizio universale anticipato ». Non c'è soltanto « tutta la vita conosciuta, ma in più tutta la vita dell'oltremondo » ; cielo e terra. « Dante non è soltanto uno scrittore, un filosofo, un moralista, ma un demiurgo, quasi un rivale d'Iddio ». Ma, soprattutto fu, come dicevamo, un poeta. « L a sua vocazione profonda e perenne fu la poesia ». Versi mirabili s'incontrano, e Papini li annota, pur nella prosa del Convivio. Se ne trovano anche in quella dei Promessi Sposi. C'è in Dante, « oltre il fiorentino del Duecento, un profeta ebreo, un sacerdote etrusco e un imperialista romano ». Ma la sua attualità ri– mane e rimarrà perenne, e ognuno lo vorrà per sé. Perfino il Breton, nel manifesto del surrealismo (citato a pag. 6 2 ) , scrive; « bon nombre de poètes pourraient passer pour surréalistes, à commencer par Dante... ». E poco più di centodieci anni or sono, il manifesto dei romantici lo voleva suo, insieme con Omero e con gli altri; virtù della poesia. Virtù della poesia. E anche il libro di Papini, da cui esce un Dante per tanti lati nuovo e, comunque, profondamente sentito dal biografo, vale soprattutto perché questi non è un arido raccoglitore o un roman– ziere fantastico, ma bensì il padrone di una prosa snella, varia, commos– sa, nervosa, che abbraccia senza complimenti le idee e le trasforma in immagini vive. Così, si può anche non esser d'accordo in tutto con lui, si può veder Dante con altri occhi, putacaso veneti o romagnoli; ma bi– sogna concludere che il « Dante di Papini » è com'egli voleva, una crea– tura viva. G I U S E P P E LIPPARINI. CARLO BETOCCHI, Realtà vince il sogno. — I l Frontespizio, Firenze, 1 9 3 2 . L . 1 0 . w Davanti al libretto delle sue poesie, Carlo Betocchi ha voluto che figurassero quattro paginette di « Avvertenza », non dico la carta de' suoi studi, ma dei suoi incontri felici. V i compaiono i nomi del Foscolo del Manzoni del Leopardi, di Villon e di Rimbaud, di Keats e di Shelley (Betocchi scrive Schelley). C'è stato poi uno che ha voluto nominare, certo per una ragione di pura tecnica, il Chiabrera, e non so veramente perché proprio il Chiabrera, così ritmicamente e formalmente esatto e sicuro, sia pure con la sua « dura scorza », come dice il Giordani, anti-

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