Pègaso - anno V - n. 3 - marzo 1933

3 5 0 M. Moretti i n queste sei lunghissime ore ha fatto di tutto fuorché ricor– darsi del personaggio p i ù importante, a n z i se n'è dimenticata completamente della povera M i a Felice che muore. Q u a s i quasi avrebbe voluto socchiudere gli occhi, camminare come una son– nambula per non veder n u l l a , non interessarsi a n u l l a , non r i – evocare i l passato disteso i n questa lunga isola di m e z z o fra i due canali della V e n a e di S a n Domenico, dedicando fin da principio tutto i l suo pensiero alla creatura che non v u o l m o – r i r sola, mortificando i suoi ricordi e se stessa i n questa idea fissa della povera à m i a che muore. T u t t a v i a i suoi occhi a n – nebbiati notarono un disegno sul muro della casa d'angolo fra i l corso e la calletta sognata, ed era u n r o z z o veliero s c h i z z a t o con la pece forse da un ragazzo di barca e sotto c'era scritto, sempre con la pece, a grandi caratteri: W P a g a n . C h i fosse questo Pagan che si esaltava sui m u r i di C h i o g g i a , lei non sa– peva, e non avrebbe chiesto di l u i , ma l'impressione fu graditis– sima. L e piaceva che a Chioggia si gridasse ancora : V i v a P a – gan. E ora perché, riapprodando a questa pallida r i v a della sua v i t a , questo nome di Pagan che non era p i ù suo le pareva così ambito e p i ù caro? « C a l l e t t a C i p r i o t t o » ....ecco qua. Riconosceva le case e lo sterrato e i l fil d'acqua torbido del g à t o l o i n m e z z o con sopra le navicelle dei gusci d'ovo e le bucce di frutta. L a vec– chia casa della M i a Felice, scrostata come le altre, sghimbescia, color feccia di v i n o , con due comignoli enormi, u n o a vaso, l'altro a cono tronco, la si riconosce s u b i t o : è l ì . S o l a , a pie' delle scale, entrata di soppiatto o, come si diceva, de risbogo (ricordava questa espressione come l'intercalare t i ò rimastole nell'orecchio da p i ù di vent'anni), la viaggiatrice pensò che la M i a Felice a quest'ora fosse già beli*e andata. M a , piovendo voci strane e strane cadenze dal p r i m o piano, riconobbe i l cicalio delle donnette di c a l l e : e poi una specie di melopea tenuta su u n tono come di lamento, sem– pre p i ù strisciato e p i ù lungo, la fermò sul pianerottolo davanti alla porta socchiusa. V i d e nel rigo verticale del– la commessura la M i a Felice seduta sulla sua poltrona che si beava al canto e rideva. C ' e r a n ben tre donne a d i – strarla, una seduta alla tavola con davanti le carte da giuoco, l'altra appoggiata al muro, la terza quasi inginocchiata presso la vecchia, come se avesse finito di lavarle i piedi : e cantavano così S a n M a r t i n o , u n canto fuori stagione, perché la p i ù an-

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