Pègaso - anno V - n. 2 - febbraio 1933

/ poeti della Venezia Giulia 143 che erano cronaca quotidiana dei tempi dell'irredentismo. A l – q u a n t i anni dopo, l'elasticità e l'inventiva fantasia d i F l a m i – nio Cavedali furono sorprese da M a r i n e t t i i n un felice mo– mento d'intuizione critica. V i r g i l i o G i o t t i ed a l t r i sono d i oggi; e si p u ò dire che i n loro, s o t t i l i artisti, finisca i l dialetto. T o r n a n d o però ai tempi del P i t t e r i , piacerà notare che a Trieste allora, la poesia aveva m o l t i c u l t o r i . L a repubblichet- ta irredentista della Venezia Giulia (sempre p i ù m i persuado che bisogni darle t a l nome) aveva cari i suoi artisti, e ci teneva a mostrarsi margine fiorito della vivente letteratura italiana. Cesare Rossi, i l p i ù stretto amico d i Riccardo P i t t e r i , gareg– giava con l u i nei versi e lo vinceva d i melodiosità e d i u n certa quale sensibilità p i ù intima. E g l i era un giovane povero; ebbe anche, nei vagheggiamenti del sogno, un delicato romanzo d i giovane povero, che o m b r ò d i tenera malinconia alcune sue poesie dei p r i m i anni; pudico e sensitivo come una giovinetta, ebbe però, con la penna d i giornalista e d i poeta, i n cose p o l i t i – che, u n esemplare coraggio. Diceva con parole aperte, a visiera alzata, le aspirazioni che a l t r i velavano nell'allusione e nel sottinteso; m e r i t ò per questo che i l P a r t i t o Nazionale g l i affi– dasse per qualche anno la direzione dell' Indipendente, e sop– p o r t ò alcuni mesi d i carcere i n una fortezza. Certo g l i sareb– bero toccati i n seguito anche maggiori guai, se le a u t o r i t à au– striache si fossero accorte d i t a n t i versi non reticenti che egli firmava col suo nome i n giornali e riviste d ' I t a l i a . D i l u i pa– recchie cose stamparono a Firenze la Vita Nova e i l p r i m o Marzocco. P i ù t a r d i egli divenne poeta un po' automatico nelle collane d i sonetti dove descriveva luoghi e vicende; oggi t u t t o u n volume sul Colle d i San Giusto e domani su Firenze, oggi su la guerra d i L i b i a e domani su Trieste redenta. Era sempre la stessa voce leale; però, adoperata troppo, invecchiando, si faceva monotona. P i ù avveduto artista Giuseppe Picciòla, da Rovigno, d i – scepolo del Carducci e a l u i molto caro. Poeta da potersi i n – serire con onore tra i l M a z z o n i e i l Marradi, del p r i m o t r o v a n – d o g l i l'eleganza e del secondo la fluente a r m o n i o s i t à . A l l o n t a – natosi giovane da Trieste, dopo un'adolescenza d i cospiratore antiaustriaco, divenuto professore d i lettere, insegnò quasi sem– pre n e l l ' I t a l i a centrale. Coetaneo d i Giacomo Venezian, d i Sal– vatore Barzilai, d i Salomone Morpurgo, d i A l b i n o e Oddone Zenatti, egli fu uno dei m i g l i o r i nella piccola schiera degli emi-

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