Pègaso - anno IV - n. 12 - dicembre 1932
690 B. Tecchi difende l'Ifigenia da.Ua vecchia accusa di frigidit:),, e giustamente ricorda come sotto il travaglio tecnico dei diversi rifacimenti ci fu un vivissimo lavorio spirituale, proprio quel !Passaggio che in Goethe si compi negli anni dell'Ifigenia dal titanismo giovanile a un classicismo, non frigido e negatore delle passioni, anzi sempre fer– vido di una lotta continua, ma tuttavia sereno e rasserenante. D'ac– cor,do; solo vorrei osservare che il limite artistico dell'Ifigenia è nella sua posizione nascostamente ma risentitamente polemica, in qualche cosa dli sperimentale, nel senso più alto, che le rimane attaccato: in quell'impegno del poeta a voler dimostrare che, pur trattando un argomento antico, quasi preistorico, anzi appunto per questo, egli sapeva far vibrare il lettore moderno di una !Pronta simpatia; unendo una finezza tutta moderna di psicologia, alla grandezza antica delle passioni. La traduzione dell'Errante è assai buona, né vanno dimenticate le difficoltà enormi del testo. C'è qual– che oscurità e involuzione: ma l'andamento alle volte un po' arcaico e ridondante dei versi non credo sia un difetto. P.enso anzi che il carattere ,stesso d'ell'originale, frenando con la sua estrema severità di forma quel che di esuberante sentimentalmente poteva esserci nella natura del traiduttore, abbia concesso all'Errante di darci uno dei suoi migliori lavori. Con l'Ifigenia in Tauride siamo già nel campo della, poesia, dico della poesia in versi, e le parti più belle d'el libro sono insieme drammatiche e liriche. Ma chi potrà dare nella nostra lingua la vera lirica di Goethe: quel gran numero di 1Poesie, poesiole, ballate, elegie, odi, epigrammi ecc. che costituiscono forse la quintessenza dell'arte del poeta; chi potrà render quel tono, unico e vario che si ritrova in tutte, fatto insieme di profondità e di leggerezza, di forza e ,di grazia? È questa la parte meno traducibile, l·a più inaccostabile di Goethe. Tomaso Gnoli ha fatto quel che si po– teva fare; ha radunato in un'antologia (Liriche scelte di Goethe, Mond'adori) il meglio dei nostri traduttori; e bellissimi nomi pas– sano nella sua raccolta : Carducci, D'Annunzio, Croce e De Sanctis; e poi Pirandello, Borgese, Domenico Gnoli. .. ; e belle poesie isolate si possono leggere qua e là nella no13tra lingua, ma temo forte che l'enorme ,diver,sità dei .tradiuttori (diversissimi per studi, 1Per in– dole, per mentalità e capacità a tradurre) debba sviare il lettore dall'unità fondamentale della lirica dii Goethe. Un tentativo di tradurre « le più importanti e significative li– riche>>, e cioè un tentativo in qualche modo unitario, lo ha fatto in quest'anno goethiano Oreste Ferrari (Confessioni poetiche di W. Goethe, Treves). E poiché grand'i e piccole liriche Goethe ne scrisse in tutti i periodi della sua vita, al principio o alla fine di più lunghe opere o anche nel mezzo di esse, il Ferrati ha avuto un'idea non nuova ma utile : quella dli premettere a ogni lirica BibliotecaGino Bianco
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