Pègaso - anno IV - n. 12 - dicembre 1932

764 R. ESCHOLIER, Eugène Delacroix et sa « Consolatrice» annegato trascinando nella morte il padre che tentava di salvarlo; il secondo figlio, venti anni dopo, lasciava la vita per una caduta da cavallo. La figura della signora De Forget sembra, in mezzo a queste disgrazie, dominata da una calma e da una forza d'animo singolari, con a fianco per quasi quarant'anni la madre demente. A questa donna Delacroix, che era suo parente assai prossimo, fu legato per lunghi anni. La chiamò la sua consolatrice. Ma perché non si uni a lei dopo che, ancòra giovane, era ·rimasta vedova? È un mistero che anche Ray– mond Escholier tenta spiegare con la differenza immensa di carattere e di tendenze dei due. Lei fu dama del cosidetto gran mondo; bril– lante, spiritosa, non priva di volontà di piacere; lui, « bizarre alliage de misanthrope et de dandy », in apprensione continua per la sua salute e per la sua arte, non avrebbe potuto facilmente aver vicina e seguire una donna troppo schiava delle esigenze del mondo. ·Questo contrasto non era, talvolta, senza resultati. Il « cugino » Eugenio sotto la sua maschera impassibile nascondeva un carattere violento, con la solita alternativa di scatti e di pentimenti. Ma ella non cambiava e al pittore che le scriveva, durante i suoi pellegrinaggi solitari, tutto il suo entu– siasmo per la campagna, forse avrà risposto enumerando le persone che vedeva nei salotti di Parigi e specialmente nel suo. Benché Madame· de Forget non avesse ottenuto nella società del secondo Impero il posto che le spettava, pure aveva amicizie e relazioni con persone potenti e influenti e dobbiamo alla sua intimità con Veillard e Laity, di cui si conosce la fedeltà per Luigi Napoleone in momenti decisivi, se il cugino poté ottenere l'ordinazione delle decorazioni del Louvre, dell'Hòtel de Ville e di Saint Sulpice. Così ella lo seg·ue, lo aiuta, lo protegge, lo in– coraggia e anche lo sopporta con la sua gentilezza di donna e col « savoir fa.ire l) di dama; lo tiene al corrente dei fa.tti politici quando è lontano da Parigi, lo consiglia, gli invia dei fiori, del vecchio champagne per– ché si sostenga la salute malferma; cerca insomma le vie migliori per rendere la vita del suo amico un po' più facile e più bella. Ma, forse, sotto tutto questo c'è una intima melanconia. «_Je crois que si mes for– ces me le permettaient, je passerais ma vie à me jeter dans la matière (egli le scrive nel 1849), bien entendJu en adorant les plaisirs qu'y ajoute l'ame. Heureux les forts de la halle! Plus heureum encore ceum qui joignent à la vigueur un esprit et un coeur: malheiireusement il est rare qite le ciel accorde toits ses dons à la f ois. J e t' assure, bonne amie, que si j'étais doué de cet heureum naturel, tout man bonheur serait dé jouir. près de toi de cette douce paresse l>. L'enorme fa.tica a cui si sottoponeva Delacroix minava la ima deli– cata complessione. Questo spiega come nelle cure di Jenny, che sempre più diventava arbitra del tempo e delle abitudini del suo grande uomo, Delacroix trovasse un certo ristoro e vi si abbandonasse totalmente. Ar– rivò al punto di non vedere quasi più la sua Consolatrice, non solo, ma di farle dire .di non essere in casa quand'ella veniva a visitarlo e a do– mandar sue notizie. È interessante osservare il destino di questi due esseri in piena epoca romantica; lei, con una vita che del romantico ha tanti elementi, adopra tutta la sua energia per farsi una esistenza, come una dama qualsiaisi della sua classe; lui, il pittore romantico per ec- BibliotecaGino Bianco

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