Pègaso - anno IV - n. 12 - dicembre 1932

C. ÀNGELINI, I doni del Signore 761 fra gli orizzonti della Bassa non si può. Che il contatto della sua terra gli dia alcuni dei suoi toni più originali, è senz'altro vero. Ma al suo senso religioso non bastano i rintocchi delle pievi lombarde, né il pallido cielo ,sotto cui fluisce il Ticino. Se celebra la Festa delle Palme, ricorda come nella Bibbia quasi non vi sia pagina che non trascolori nel verd'ar– gento degli olivi; e allora in stupendi capitoli indugia per le campagne palestinesi, e accompagna Gesù nelle molte case che ospitalmente l'ac– colsero, o ricerca, dal Tabor alla montagna delle Beatitudini, I monti del Signore. Se apre le pagine della Scrittura, un visibilio d'angeli lo abbaglia; ma nel quadro prestigioso dove chiama la voce d'Isaia che dà le parole per le grandi e inquietanti antifone e lezioni dell' ~vvento, egli sa anche scoprire qualche briciola sfuggita alla lauta imbandigione degli esegeti: le vicende del corvo, per esempio. seguite_ poi nell'agiografia, al modo dello scrittore francese Paul Oazin, che ha messo insieme un vero Bestiaire des deum Testaments. Certe minuzie l'Angelini ha un oc– chio tutto suo per scoprirle. Ohi s'è fermato mai sul Paolin de' morti nel maremagno del romanzo manzoniano ? Appena accennato; ma vedetelo nel Disoorso ool sepoltore com'è subito ingigantito accanto ai becchini dell'Amleto, al Tobia delle Sacre carte e a Diogene di Fabiola. Virtù della poesia e della carità: fare anche delle cose umili e sem– plici consolazioni per gli uomini, « che assai spesso muoion di sete presso la fontana i>. Fr.A1'CEscoCASNATI. RAYMOND EscHOLIER, Eugène Delaoroix et sa « Consolatrioe ». - Colin, Paris, 1932!. Fr. 10. ,Si era formata la leggenda che il grande pittore romantico non avesse avuta una di quelle passioni amorose che sembrano necessarie alla vita degli artisti del secolo scorso. Aiutava questa persuasione la figura fisica e morale di lui, freddo e sdegnoso. La leggenda, basandosi in parte sulla realtà, gli aveva cercato un perfetto amore ancillare, lunga con– vivenza in cui il padrone era diventato quasi lo schiavo della sua ca– meriera: Jenny. Non si era fatto vedere al Louvre, il grande maestro, più di una volta, .spiegando a Jenny i segreti dei capolavori ? Del resto, oltre alla confessione fatta da lui stesso nel suo giornale, che le sue fa– coltà amorose avevano dei limiti e che questi limiti erano presto rag– giunti, la sua stessa persona piccola, malaticcia, pareva essere una prova di quanto si supponeva; la grossa testa, con i lunghi capelli on– dati, emergente dal colletto che spuntava dai giri dell'alta cravatta nera, posava su misere spalle. Tutta la sua forza era nervosa e l' im– mane lavoro al quale si sottopose lo logorò presto. Nella sua faccia scarna da fachiro era stampato questo travaglio; gli occhi semichiusi ed acuti, con qualche cosa del felino che fa l'addormentato, il naso corto, la bocca sottile con gli angoli volti in giù, gli davano una espressione di stanchezza combattuta da una forza di volontà chiusa in una soli– tudine doloro~amente sdegnosa. Era dunque vero quello che scrisse Paul Flat nella prefazione al giornale di Delacroix: « Il demewra toujours à l'abri d'itne passion » ? Certamente anche nell'amore, come nell'arte, Delacroix fu piuttosto BibliotecaGino Bianco

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