Pègaso - anno IV - n. 12 - dicembre 1932

U. FAGIOLI, Sangue rosso 759 Non-è non-è non-è non-è. (( f,cese, prese dal Sac<;oun pugno di farina e lo gettò nel pantano. Le raganelle tacquero. Risalì sul carriolo bor– bottando : - Avete visto signore mie che è, ed è farina Ji quella buo– na?». - Difficile, più difficile ancora che per Creatu-ra di, Dio, formu– lare una morale. E tuttavia c'è anche qui un sapore, spiccatissimo, d'apologo. Potrei moltiplicare gli esempi, e concludere esser questo tra i pregi del libro. Dirò piuttosto che non sempre il popolo moralizza esplicitamente, e che in grande maggioranza questi motivi di Ubaldo Fagioli sono d'ori– gin,e popolare. Il Fagioli è di Porto San Giorgio e vive in Ancona, come Fabio Tombari è nato e dimora a Fano : principal fonte di questo San– gue rdsso, e, ieri, di Tutta· Frusaglia, è la tradizione marchigiana, con la differenza che il folklorismo del Fagioli non si trasferisce su un piano eroico da burlà, ma frondeggia su dal suolo dove ha messo e affondato le prime radici. Solo folklorismo ? Alcuni bozzetti, come La lncc-iola o Il sacrilegio, aderiscono più degli altri alla tradizione; altri invece, come il Tesoro, si differenziano nel clima della fantasia del narratore. A me piacciono un po; meno quelli di maniera forte, per esempio Viola e L'olmo, dove son evidenza, risalto, colore, ma non sempre originalità. Il tipo è quello, che so io ?, d'un Capuana estetizzato da Gabriele d' An– nunzio. Cose tra le Paesame e Terra vergine; nè mancano. leggiadrie, qua e là, che possono far pronunciare anche il nome di Govoni: « Venne l'estate e con l'estate il mare si ammansì come un gatto soriano e dava bagliori d'argento che illanguidivano, specialmente all'alba, quando pe– scava la sciabica di Mosè e la rete gocciolava stelle». Più vicino a D'Annunzio : « Che alba ! Un mare che a darci una ma– nata sopra schizzavano fuori brillanti e ogni tanto taf ! un salto di mu– gella e a guardare nel fondo i granchi facevano all'amore uno sopra l'altJ.'O che sembrava volessero mangiarsi e su la riva fra quella breccia colorata le onde si buttavano sfinite». Lui, proprio lui, il Fagioli mi sembra riesca ad essere, quando si libra, - e son colpi d'ala improvvisi e felici, - al di sopra del naturàlisino estetizzante, liberandosene magari per virtù d'umorismo: « Fiore di rosa, fiore di belzitino, fiore di selva, aveva tirato fuori tutti i fiori dalla serra e c'era anche il fiore di lima e allora tutti guardarono in sn e allora Rigo e batti le mani e schiocca le dita s'era deciso a prendere l'organetto!». Questi che si esaltano in ispirito e diventano tutti sentimento e poesia sono, naturalmente, i personaggi; ma hai l'impressione che in siffatti momenti sia proprio l'autore a guardare per le finestre dei loro occhi: cc Quando suonò la mezzanotte, fuori tutti e tre dalla siepe!, uniti, gomito a gomito, con la faccia rivolta alla strada che va a Monturano .... Uno, uno due, uno due tre .... Che luna! che luna! A vederli .... c'era da morir di paura! e dietro tre ombre lunghe lunghe di trayerso andavano a finire sopra al para– carro della svoltata». Il libro è pieno di queste ombre e di queste luci., che creano prospettive ariose. L'autore, - andato per le viottole con altre due raccolte di bozzetti, Novelle idiote e Primavera -<ti diverte, mi par destinato a infilare una strada maestra, movendo di qua. PIERO NARDI. BibliotecaGino Bianco

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