Pègaso - anno IV - n. 12 - dicembre 1932
756 G. PRAMPOLINI, Segni e uno di frammenti, - ci appare in qualche modo fiorire all'ombra della sua folta produzione di storico e d'impeccabile traduttore, quasi sottile arbusto che, pur nella genuinità dei suoi frutti, reca il sapore inde– finibile delle più diverse e lontane culture che hanno impregnato il suolo da cui trae le sue radici, dei molti innesti che l'hanno fecondato. Ma non si fraintenda: nulla, in questa poesia timida e casta a volte come un sospiro, ha il benché minimo sapore di eso~ismo. Del resto lo stesso Prampolini traduttore e poliglotta, se anche oggi lo troviamo- in com– pagnia degli Olandesi o addirittura degli Islandesi, e domani lo tro– veremo fra gli 1 Atzechi o magari fra gli Ottentotti, ha il dono di render tutto vicino e familiare. Le canzoni latine medievali ch'egli ha raccolto per un elegante volumetto della collezione Scheiwiller (Quinquaginta carmina medii aevi) sembrano, nella sua scelta, dettate ieri. E, se l'Unione tipografico-editrice torinese gli ha affidato il compito di una ,vasta Storia wn,iversale della letteratu,ra (di cui sono già apparse le prime dispense dedicate alle letterature orientali), potete star sicuri che i lirici della dinastia Han o gli epici indiani, nella sua chiara e arguta esposizione, vi riveleranno un volto umano e fraterno che di– stanza di tempi e singolarità di razza e di tradizione non varranno ad oscurare. Gli è che nel limpido e ordinato intelletto del Prampolini dif– ficilmente può trovar posto la mania moderna dello strano e del mo– struoso, la febbre di esotismo che agita ancor oggi tutte le letterature, fino a farle ricorrere all'aiuto del microscopio per cercare l'esotico nel quotidiano e comune,· quando quello del raro e del lontano non basta più. Così, se anche le liriche del precedente volumetto, Dall'alto si– lenzio, rivelavano, nel gusto e nelle particolarità tecniche, lo studio e l'influenza della poesia europea, - e non sol europea, - più mo– derna ed ardita, la sua ispirazione finiva col chiarirsi in un clima di idillio nostalgico e familiare del tutto privo d'intellettualismi. Questo nuovo libretto, Segni, è concepito in forma di diario, e composto di frammenti, annotazioni, brevi liriche, poemetti in prosa. Esso può anche ricordarci, - oggi che il frammento è fuori moda, - scrittori come il Soffici e lo Sbarbaro, dove il gusto dell'impressione immediata e mordente, il senso del paesaggio, - intendendosi pae– saggio nell'accezione più raccolta e sensuale del termine, - meglio ,si espresse. · Segni : semplici orme del tempo sulla .spiaggia del vi vere, tesdmonianze d'una solitudine calma e contemplante, rovesciata al di fuori, che .soltanto nelle forme della natura e nel variare delle ,stagioni e delle apparenze sensibili ritrova, quasi fissata in simboli, la propi-ia essenza. Essi ci narrano d'una serena convalescenza marina, abban– donata al fluire dei lenti pensieri, al lento tra.passo delle ore; intenta ad accogliere senza impazienze le voci del mondo esterno nella loro più sottile, indefinita vibrazione. Un diario, insomma: ma un diario da cui si trova bandito tutto ciò che di troppo autobiografico ed acci– dentale, di « troppo umano JJ, è solitamente legato ad una tale forma letteraria. In cui la vita, anziché realisticamente fissata nel « fatto per– sonale ll, si trova liricamente scomposta nelle· sue p11re tonalità senti– mentali: il che appunto le consente di raggiungere quel particolarissimo accento di verità e d'intimità. · BibliotecaGino Bianco
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