Pègaso - anno IV - n. 12 - dicembre 1932
752 U. NEBBIA, Arte navale italiana cato (figura 205) proprio come prototipo degli sciabecchi. Il Nebbia, ,che mostra d'aver familiarità con la materia, sa certo quanta pazienza e diffidenza e oculatezza ci vogliano in queste ricerche e quanto si debba indagare sul «pezzo» prima di potergli dare uno « stato civile». A volta un nonnulla basta a risolvere la situazione: è il caso del galeone pubblicato a pagina 189, ora al Kwnsthistorisohes Museum .di Vienna, e che il Nebbia ritiene italiano. Anche nella riproduzione si può vedere che, invece, quel galeone ha, all'albero di mezzana, la bandiera dei Paesi Bassi spagnoli, chiarissima nella sua croce di tronchi, e quindi è nave di Fiandra e non mediterranea. E ciò spiega anche perché quell'oggetto, ~ evidentemente un lavoro d'oreficeria eseguito per un dono, - sia, finito nella capitale della « felix Austria» ai tempi di Filippo secondo. Infine ci sarebbe piaciuto di veder qui, almeno fra le pagine di que– sto libro, Malta ricongiunta all'Italia. Relazioni politiche a parte, ormai generalmente si considera la Marina dell'Ordine di San Giovanni come una delle Marine italiane ché, di fatto, tale sempre è stata, specialmente dal punto. di vista tecnico. Molti e molti ,sono i cimelii della varia attività dei cavalieri di Malta: an:olto è stato conservato, e bene, e molto c'è da imparare su quei_ «pezzi». Quasi a stimolare la curiosità del lettore, per fargli intravedere l'importanza di quella marina, il Nebbia ha pubblicato la meravigliosa descrizione che il Bosio fa della « Santa Anna l) la gran caracca di Rodi, ma s'è fermato li. Visito che c'era, perché non togliere dal volume quelle sei o sette riproduzioni di navi straniere che, d'altra parte, nessun rapporto hanno con l'opera, pur di poter dare al lettore già incuriosito almeno l'immagine della « •Santa Anna ll? La quale, appunto come me– raviglia dei suoi tempi, fu ritratta in un quadro che (siamo lieti d'indi– carlo al Nebbia) •è tuttora a Malta nella raccolta del Marchese Bonnici– Testaferrata. G. c. SPIDZIALE. DELIO 'l'ESSA, L'è el dì rli mort, alegher! - Mondadori, Milano, 1932. L. 15. Dell'arguta novità delle liriche di Delio 'l'essa si andava sussm– rando da tempo tra i buoni intenditori di poesia milanese. Si sapeva il Tessa studioso attento del linguaggio ambrosiano non che caldo ed efficace dicitore di versi altrui: ma ben pochi erano riusciti a conoscere quelli ch'egli saporitamente scriveva da anni nelle pause benigne della sua professione di avvocato. Modesto è scrupoloso egli non soleva con– fidare che a qualche intimo i frutti brillanti delle sue vigilie poetiche. Ora pare che alcuni di essi sieno riusciti a vincere j_l suo riserbo, ed ecco qui, sotto l'insegna di un titolo piuttosto bizzarro, una prima raccolta di versi suoi, pubblicata dall'editore Mondadori. Sono nove componimenti in tutto, di vario argomento e inspirati a varietà di tempi: quattro de prima de guerra, uno del temp de guerra, e quattro del dopo guerra: varietà di tempi, di figure, di spiriti. Ma ciò che si nota subito in essi come originalità inconsueta nella poesia meneghina è la curiosa, spezzata, concitata, vivissima disposizione delle BibliotecaGino Bianco
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