Pègaso - anno IV - n. 11 - novembre 1932

566 .E. Vittorini allontana, sullo stradale portando papà verso l'ufficio. Per Caterina fu come uno sgorgo lirico, e quando, pochi giorni dopo, Chummie cadeva ferito a morte sul fronte francese tutta quella memoria che la tend'eva ansiosa verso il fratello, si ritorse in lei e s'infiammò, si fuse nel bisogno di scrivere. A lei sembrò, sul momento, che quella morte le avesse troncato la vita; che nulla vi fosse più di vero, nulla di reale; che la sua realtà fosse ormai infanzia e isola. Scappò nel mezzogiorno della Francia, a Ban-d'ol, e volle essere tutta di « quella realtà», ch'ella personificava nel suo morto. « Mi sono se– d'uta sulla veranda di una seggiola di tela, dopo pranzo, e ho fu– mato, ascoltando il mare pigro. 'Ma non vi spaventate, voi non era– vate là. C'era mio fratello sul gradino della veranda e carezzava un gatto raggomitolato tra i suoi ginocchi.... Sul caminetto di ca– mera ho la fotografia di mio fratello. E non posso guardare o ascol– tare qualcosa che mi piaccia senza ch'io desideri che anch'egli la veda o l'ascolti .... )). Questo le capitava dli scrivere al marito o agli amici per lettera. Nel diario si rivolgeva affatto a lui. « Y ou have me. Do agli altri la mia vita supel':flua e a voi la più pro- fonda .... Bisogna ch'io narri l'adorabile tempo di quando eravamo vivi .... )). Ma non fu una religione; non fu il culto della_ specie Eugenie De Guérin o Dol'othy Wordsworth. Lui era sblo la sua memoria, cioè la sua linfa. Era la sua necessità di scrivere. E Cate– rina capì che fino allora tutto il suo scrivere era stato gratuito; non inevitabile. Adesso ogni piccola cosa era invece suscitatrice; tutto; anche il volo di una mosca, la caduta di una foglia, le mettevano voglia di scrivel'e. « Vi sono margherite sul tavolo ed un rosso fiore, come un papavero, shines tlllf'ough. Delle margherite io voglio scrivere. Del buio. Del vento è del sole e delle nebbie. Delle ombre·.... )). Ma scri– vere delle margherite sul tavolo era narrarne tutta l'esistenza, dire il loro vento, il loro sole, le loro nebbie di prima che fossero venute sul tavolo; e per lei venivano sempre di laggiù, dalla Nuova Ze– landa, margherite, o vei-pe, o foglie, e avevano per lej questo mera– viglioso segreto, di esser vissute laggiù. Questo era inevitabile; i l resto non contava. E Caterina fec;e punto a tutti i lavori inizia.ti , bruciò le cartelle del romanzo. « La gente che desideravo mettere nelle mie storie non mi interessa più .... Ho bisogno di scrivere intorno alla mia terra d'infanzia .... Ah, la gente, la gente che amavamo là, di loro, pure, ho bisogno di scrivere .... Ciò d'eve essere misterioso, come :fluttuante .... Deve togliere ·il respiro. Deve essere una di q·uelle isole .... Forse non in poesia. Neppure in prosa. Quasi certamente in un gen~re di speciale prosa .... )). . Così, la sua-arte si formava con la rivelazione in lei di una «_~ateria inevitabile», come una verità· da dire, una speciale ve– rita. Ma non c'è materia inevitabile che· non sia anche una inevi- BibliotecaGino Bianco

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