Pègaso - anno IV - n. 11 - novembre 1932
558 E. Vittorini verso un meraviglioso emisfero, felice, dove una volta è stata; ~ se c'è un senso di evasione, nelle sue novelle, dalla « minima realtà», esso è appunto per un determinato luogo del mondo, lasciato nel vago solo per presa poetica, un'isola, una terra ·vergine. E la pena dei suoi protagonisti ha questo nel fond'o, in accorata fantasia : che essi sono vissuti <<laggiù», in altre età, e che lo sanno ; persino quel canarino del racconto omonimo (vedi The Doves) Nest), a pro– posito del quale in una lettera del febbraio '22, ella dice: « La grande gabbia dirimpetto mi ha completamente affascinata. Io penso e penso intorno a loro (canarini) - le loro sensazioni, i loro sogni, la vita ch'essi hanno conosciuta prima di esser presi, la differenza, fra i d:ue gialli batuffoletti che sono nati in prigionia, e i loro nonni che conobbero le foreste del Sud America e videro l'immenso mare profumato .... Non vi sono parole per esprimere la bellezza di questo piccolo ma acuto canto rising oitt of the very stones .... ». Ecco: è il senso di -una vita ch'essi hanno conosciuta, essi protagonisti, a rendere cosi acuto il loro canto in queste no– velle ; e non propriamente un senso di nostalgia che vagheggi ri– torni, ma quasi un muto piangere per cose dal tempo fatte irreali, sicché la memoria di quella vita diventa tutto slancio lirico, tutta fantasia. Per la Mansfield, si capisce, diventò arte. Ed era stata l'infanzia, la casa nativa, i parenti, erano stati anni della sua reale esistenza oltre che un'isola .... Era nata a Wellington, in Nuova Zelanda, l'ottobre del 1888. Di famiglia si chiamava Beauchamp (,Mansfield è nome d'arte) e i suoi, che si dfcevano d'origine francese, pare fossero venuti dal– l'Europa coi primi cercatori d'oro. C'era benessere in quella fa– miglia, una calda gioia propria della gente semplice che si è fab– bricata la sicure·zza materiale con le proprie mani ; e la vediamo riflessa nei racconti di Caterina, o nei passi del diario, che a quel periodo si riferiscono. Abitavano a Karori, cinque o sei miglia di– stante d!a Wellington ai margini della brughiera selvaggia, e la loro casa, villa piuttosto, aveva intorno un giardino « cosi intri– cato che una volta o l'altra, ne era sicura, ci si sarebbe perRa ! >> pensa Kezia, la piccola protagonista di Preludio. Per Caterina quella casa e il mondo adiacente formavano terra a parte. Essa era la terza· di cinque bambini ricchi di balocchi e di giochi; e poi c'era la nonna, c'era la zia, c'erano i genitori, e l'uomo che guidava la carrozza, oltre le cameriere : gente felice di starsene a sé e di prendere la vita, fin dove fosse possibile, dalla natura, come quello Stanley eh' è il papà di Preludio : « .... non v~d'eva. l' ora d' esser fuori di città, d' essere a casa sua. Ah ! vi~ere In campagna, che bellezza! Andarsene da quel buco appena chmso l'ufficio, andarsene nell'aria fresca e caldla insieme, sa– pendo che all' altro capo della strada l' aspettava. la casa col suo BibliotecaGino Bianco
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