Pègaso - anno IV - n. 11 - novembre 1932

Caterina Mansjield 567 « Quite overcome, - confida, - q1tite overcome) for the nth time by the horror of life : il senso che qualcosa va male, quasi senza speranza. Ciò che potrebbe essere così armonioso è fuori di tono, o gli strumenti sono tutti silenziosi e nessuno si decide a farli di nuovo suonare. Non c'è concerto per noi.. .. Il nostro desiderio, la nostra aspirazione, la nostra sete· è tutto quanto ci resta? Dovremo attendere per sempre in questa immensa sala deserta, che le luci si riaccendano, edl esse non si riaccenderanno mai? ... E la brut– tezza, la bruttezza della vita; l'intollerabile corruzione di tutto; come sopportarla? ... >>. Però ella non ripiega in se stessa, né cerca di farsi internamente un'eccitazione vincitrice. Ella si lascia andare, guarda fuori dalla finestra, non si rifugia come il vero diarista, nella confessione ad oltranza, smette anzi di scrivere, finché ritorna al punto iniziale d'el suo bisogno di scrivere, che è la contemplazione del mondo in– torno, in una specie di adesione totale. Sicché nel diario si legge: « The lovely world is there ( God) how lovely the external world _ is), and I bathe in it and am refreshed ». E nelle lettere : « Come mera– vigliosa è la vita se ad essa ci si dà! Mi sembra che il segreto di vivere sia di accettare la vita. Discutetela quanto vi piace, ma anzi– tutto accettatela. Oggi la gente indugia alle porte domandandosi ·se essere pro o contro la vita - se essa valga la pena che la si viva - se correrne .il rischio - e che è - e se,odiarla od amarla - e con queste d'annate questioni ne restano fuori per sempre. Men– tre solo rischiando di perdersi, d'ànd'osi pienamente alla vita, si potrà avere ·1a·risposta. E non pensate ch'io sia sentimentale .... ». Con questo « darsi pienamente alla vità » che è la sua espres– sione di salvezza e, a un tempo, la vena deUa sua arte, ella aborre per l'appunto dal risaputo pathos del diarista, schiavo, com'ella dice, dell'himself. Essa è sola, è malata, è povera, e magari ne trema; ma si dà ; cioè si lascia penetrare e colmare; allora la vita, la fluente vita che è nell'aria e nelle cose, le diventa un nutrimento ... « Mai più vorrò ritirarmi dal corso della vita. Non che abbia illu– sioni) mio caro. La conosco e non faccio il bebé, a-gou-a-gah !, e malgrado tutto, io so, il y a quelque chose.... che mi alimenta, nella quale esulto, e che io adoro .... ». Il y a q·uelq1wohose.... Ed è qiwlqite chose ch'e'lla fa poi cosa espressa, poesia, nelle sue no– velle, come seguitando vedremo, e tutto il suo scrivere, anche del diario, anche delle lettere, quasi dall'ansia di ciò è sostenuto. Ma non vedo come si possa parlare a fondo della sua arte se non viene dal parlare della sua vita. Scrivere le fu continuamente ri– velato dal modo di esistere, spesso anzi dal modo di essere esistita, dai ritorni della memoria e dal rifluire dell'infanzia .... Si può quasi dire che ella abbia scritto tutte le sue novelle con la faccia rivolta BibliotecaGino Bianco

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