Pègaso - anno IV - n. 11 - novembre 1932

556 E. Vittorini il tesoro infinitamente minuto di ciò ch'egli chiama « sua vita>>. 11 suo inizio è qualcosa di assai più semplice, un d'esiderio soltanto. di esprimere, e di esprimere un minimo di mondo che· vada ad aggiun– gersi, in distacco, alla realtà esterna, indipendentemente da ogni esaltazione di sé. Nient'altro che una vocazione di artista, e fu il sentimento più sveglio e immediato, sempre, in lei; da quando, compitando sui banchi della scuola, il fatto stesso del comporre le si precisò co:rpe una ricerca d'arte, e riusci, in età di nove anni, a farsi accettare e pubblicare una novella nella rivista nuovazelan– dese The Lone Hand. Non scrivere di sé era il suo impulso, ma, semplicement~ scrivere; scrivere anzi di una cosa qualunque che , accade o che è, di un viaggio, un albero, un gattino, pur che abbia svegliato in lèi dell'entusiasmo e dell'81desione; e questo scrivere precedeva quell'altro, ne era la condizione, quando ella a quell'al– tro giungeva, del darsi, dello spendersi tutta come fa nel diario e nelle lettere. · A non conoscerl_a, e cadere d'improvviso su qualche tratto del diario, su qualche passo delle lettere, si potrebbe anche sbagliare e prenderla per una nuova Bashkirtseff. « Sono nel salottino a pianterreno (si legge, ad esempio, in d'ata 21 gennaio 1915 del J our-nal). Il vento ulula fuori ma qui è così caldo e piacevole. Ha l'aria di una vera stanza abitata d'agente vera... La poltrona tutta scura, mezza nell'ombra, fa pensare che una felice persona vi si è seduta. Montone arrosto e salsa d1 cipolle, e riso al forno per pranzo. Ciò ·suona bene. Ho infilato i nastri nella mia biancheria con uno spillo da capelli alla buona maniera casa– linga. Ma l'ansioso cuore mi rode il corpo; nei nervi, nel cervello. Sento questo veleno lentamente riempirmi le vene; e in ogni cel– lula ne divento affetta; lentamente .... Ricordo anni fa come desi– deravo essere una di quelle felici persone che possono tanto sof– frire fino ad~averne un senso d'i collasso e divenirne esauste. Ma io sono proprio il contrario. Più soffro, più con fiera energia sento di sopportarlo». Sembra qui si sia a un passo da quegli slanci di auto-esaltazione tanto forti in Barbellion, e ch'ella vinca il disgu– sto di vivere con una orgogliosa coscienza di sé. ,Come nell'affer– mare di fronte a una giornata : « Io sono sicura che que-sto sabato è il giorno peggiore della mia vita. Ohe ho toccato il fondo». E nella maniera di riprendersi : « Oggi sto fortificando il mio cuore. Cammino tutto intorno al mio cuore e ne fabbrico le difese. E non intendo lasciare· ne·anche una feritoia per allevarci un ciuffo di violette». Ohe pensare poi -della sua ansia di solitudine, della sua avversione per ciò che si dice una società familiare ? « Sento un reale orrore per le persone troppo vicine a me. I could not bear the"'!' ». E c'è anche l'orrore della vita, la disperazione di talvolta e l'msofferenza per la minima, la trita realtà di un ambiente. BibliotecaGino Bianco

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