Pègaso - anno IV - n. 9 - settembre 1932

L'arte del cinema alla Biennale di Venezia 365 traviamenti e a sciagure. Per questo, la Sagan ha riprodotto quasi con documentaria precisione l'interno del collegio e la figura arcigna della direttrice e l'uniformità imperante e le sommesse .scapigliature. Una delle ragazze •s'incapriccia della maestra e, duramente punita, sta per arrivare al suicidio. Come tesi, questa della Sagan non avrebbe dunque gran che di nuovo cinematograficamente e neppure letterariamente, perché La religiense di Didernt, attraverso un'acre compiacenza nell'osceno, voleva già dimo– strare, in .sostanza, la stessa cosa. Io troverei persino discutibile l'eti– cità della vecchia tesi. E proprio vero che, lasciate in libertà, in un'edu– cazione più arieggiata, certe tendenze sieno meno attive e quindi meno pericolose? Ma questo non riguarda l'arte del cinema. Com.'l cinema, Miidchen vn Uniforrn è un'opera delicatamente viva, sorprendente, affascinante. Rappresentata soltanto da donne, Miidchen in Uniforrn è il giardino chiuso della femminilità, con tutte le sue chiare fragrall7,e e tutti i suoi oscuri sentori. quel che vi si vede è bello: quel che resta in penombra è anc6ra più bello. Il crepuscolo cinematografico ha dato un'incomparabile vivezza al crepuscolo sessuale: e la suprema discrezione con cui la Sagan ha saputo farci intravedere gli abissi del– l'ombra senza neppure accennarvi, è degna d'una grande artista. Guar– dando entro questo chiuso giardino della femminilità, voi potete rievo– care insieme gli spiriti più disparati, i più vicini e i più lontani: i giuochi teneri delle poetesse alessandrine e la perfidia con cui il satiro Verlaine vede su d'una pura fronte salire la prima aurora del piacere: il carnale Diderot ed il mistico Lawrence: l'ambiguo e l'estatico. Che tutto questo mondo, denso d'angosciata delizia e di sommes,sa tra– gicità, si presenti come un dignitoso problema d'educazione attraverso il cinema, non ci deve stupire nei tedeschi. I tedeschi hanno sempre un po' l'ipocrisia pedagogica: e quando vogliono proprio denudarsi, salgono in cattedra. Federico Nietzsche ha ben descritto quest'ipocrisia sapien– tissima dei suoi tedeschi, questa sensualità razionalizzante e dogmatiz– zante. L'opera di Leontina Sagan va presa insomma per quello che è e non per quello che vorrebb'essere: va presa per un capolavoro d'ar– dito naturalismo, e ardito perché equilibrato, discreto, squisito. Arte e natura son qui una cosa sola : e quel che ha valore non è la tesi pedago– gica ma la realtà che s'affanna e brilla in questo indimenticabile film. Le opere americane, le più numerose all'esposizione, parlavano chia– ramente dello sperimentalismo avventato cui quel cinema s'avvia, uscendo dal realismo uu po' gretto ma schiettissimo, eh' era sempre stato la sua forza. Il cinema americano vorrebbe finalmente uscire un po' dal seminato e ci sta ora gittando il soprannaturale a pugni contro. gli oc,chi e contro la fantasia. Il Dr. Jekyll and .Mr. Hyde di Ruben Ma– moullian, e Framkenstein di J. Whale, tratto da un romanzo di Ste– venson, il primo e psicologicamente e cinematograficamente più delicato, e più vario, del tutto orrido il secondo ma non brutalmente privo d'ar– tistica organicità, significano entrambi un'invasione americana nel re– gno del mistero, invasione con scarpe solide, da montagna. Preferisc.o, tutto sommato, gli esperimenti americani nell'organizza– zione tecnico-stilistica della commedia cinematogr31fica. In questo ge- BibliotecaGino Bianco

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