Pègaso - anno IV - n. 8 - agosto 1932
Nella mia ombra 175 - Piccola, piccola ! Cos' ha la piccola ? Mi tendo disperatamente. Ma non riesco a diistinauere il riso o di Rosalba, non riesco a udirlo, neppure come un soffio. · Oh, come l'avrei voluto udire! .... Il riso di Rosalba! No:ri lo so immaginare ; mi sembra un delicato assurdo, ma sento che avrebbe resa a~sai più naturale e comprensibile la bambina. Avrei capito tante cose: come ella avrebbe potuto vivere e crescere, il suo aspetto futuro di donna; avrei capito anche umanamente; la sua paura .... Net cortile, adesso, e' è silenzio. E col silenzio il cortile scompare. L'ombra, in cui si disegnano tutte le figure al suono d'elle voci diverse, diventa ombra di sonno. Mi riposo, mi distendo. Non ci sono che io e, presso le sbarre fredde del letto, i miei piedi nudi. La sola forma eh' io veda, in questo momento, sono le sbarre d'el letto, enormi, solenni.... · Ma un acciottolio, di laggiù, mi riscava l'ombra, me la vuota; e, in fondo al mio sonno e a me stesso, anc6ra una, volta vaneggia il cortile. - E allom, addio! - mor_mora la pallida, in fretta. - Dai un occhio alla bambina. Si sente che ha lo scialle. - Sbrigati, però! - dice la bruna. - Io, intanto, lavo queste calze. S'apre il portoJ1e, si richiude. L'ombra stava per uscire, batte la facda sulla porta, rimane. ' La bruna canta. È intonata, ma sembra incosciente. Perché? Mi metto a sedere sul letto: perché H sorriso e il canto della bruna mi paiono incoscienti ? Cosa sta per accadere ? Vorrei che Rosalba piangesse, ora; che piangesse sùbito. Non la so vedere; non so dove sia: è appiattata dietro tutte le parti dell'ombra. La mora canta. Ricordo, con pietosa inutilità, che ha delle gambe graziose e che, nel curvar.si sulla vasoo, le scopre .... D'un tratto, una vocina: è Rosa lba. Ma n on piange,- come alla presenza di colei che l'ha fatta, della pallida. È una vocina serena : - Ta-ta; mi-ti; zi-zi. Vedo il suo visino profondamente calmo sotto le trecce; calmo e senza .sorriso. Il che è molto strano nei bambini, ch'e non sanno essere sereni, senza ridere. La mora canta. Il cortile è pieno di pace. Questa volta, la paura ce l'ho io ; una grande, insensata paura, che mi deve certamente aver fatto impallidfre. Cos'è? Cos'è? Mi alzo dal letto. Esco nella luce, sbattendo la porta. Rico– mincia la mia, solita vita, piena di episodi e di speranze. BibliotecaGino Bianco
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