Pègaso - anno IV - n. 8 - agosto 1932

244 A. P .A.NZINI, La sventurata lrminda vizio· e vizio resta anche se il tema è la virtù .... Qualche ritrattino di dam~ veneziana liberalmente scollata; la lunga faccia di Gasparo, - « una faccia da buono che mai » ; - Irminda ragazzina, che ricama presso una finestra di calle ( « in quel po' di azzurro che s'intravede tra altane e caimini- spiccano il volo lElrondini e mandano quel loro grido disperato e gioioso -di lontananza») ; qualche visione al nerofumo del no– stro tempo in cui albeggia appena un tenuEl lume di speranza (« S. O. S.: è la ,sola p~rola intesa da tutte le genti nei loro babelici linguaggi ») ; il povero somiero che « tira con entusiasmo» il carretto, « e non si capise perché»; questo (ed altro, che ciascuno può scEigliere secondo il suo gusto) basta a rendere attraente tutto il libro; ma le prime quaranta · pagine restano la parte più viva, come quelle chEl rispondono a un ri– chiamo imperativo ,del cuore. Ci sarEibbe ora da rilevare qualche fantasia d'un cattivo gusto patente e anche urtantè; come quel treno della letteratura che si vede passare a pagina 42, e quelle poetesse che rotolano giù per il Parnaso a pagina 46; eccetera. Ma Panzini è uno scrittore a cui si concede volentieri di dir, quando gli càpita 'l'estro, cose grossolane o futili, perché si sa che poi nei ·suoi momenti buoni egli riescirà sempre ad espdmere una sua molto schietta umanità; che è indubbiamente qualcosa di meglio del buon gusto. Not&ò piuttosto certe negligenze formali che stupiscono in un caro pedante qual egli è; ciò g1i dimostrerà che tra la ,suai genEirazione e la mia, di cui egli fa così vile stima, ci può essere accordo almeno in pe– danteria. Ho trovato delle parole di Dante citate inesattamentEi (il buon Romeo non si parte « povero e soletto » dalla corte -del suo re, come dice Panzini ; ma « povero e vetusto ») ; e a pagina 216 ho visto « una mano scarna del conte Carlo uscire dalla sepoltura e dire .... »; che è uno spettacolo da cavarne i numeri del lotto: la mano del defunto, che parla .... DIEGO V ALERI. SILVIOD' AMico, Certezze. - Treves, Milano, 1932. L. 12.. Se appena il lettore sa chi è Silvio D'.Amico, titolo del libro e nome dell'autore gli danno subito il senso di un'armonia e istradano su una precisa linea la sua riflessione. « Certezze» sono quelle della fede catto– lica, e basta una scorsa all'indice dei capitoli per averne conferma. San Pietro, Rivière, Chesterton, Pio X~,San Benedetto, Lourdes .... Lim– pide pause, punti di ristoro, di raccoglimento, e, si direbbe, di ritro– vamento del •suo io più sincero nell'opera d'uno scrittore usa d'abitu– dine 3:ne efimere scene del teatro e del giornalismo. Questo è bello nel J?' ~m1co 1 e gli ~à u_nsuo tratto distinto fra noi gente di penna: ·non hm1tare 11suo compito a una particolare e stretta attitudine di studio e. ?i. p~ofessionEi, ma, di tempo in tempo, effondere dal cuore la nota p~u ~n~ima ?ella ~ua f~,de, fede ch'è per lui chiarezza di vita, misura e ?1,sc1plmad1 ~ensiero, m una parola, o meglio in un aggettivo che ne dà Il senso e la hnea,, certezza romal}a. · BibliotecaGino Bianco

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