Pègaso - anno IV - n. 7 - luglio 1932
La < Riforma ~ e le Università 67 piccole città, protesterebbero e si sentirebbero mutilate non tanto di una tradizione gloriosa quanto di un benefizio economico. Comunque, il problema esiste, ·e forse- si è fatto più grave per– ché si sono aggiunte nuove Facoltà, alle antiche già, numerose, per non parlare qegli Istituti Superiori di .Magistero (i quali meri– terebbero troppo lungo discorso). Potremmo allineare una stati– stica sconcertante ed elencare : venti Facoltà, di medicina, venti– cinque di Giurisprudenz!}i ecc. ecc. ; ma è meglio dir subito che lo stesso problema si propone oggi· in Germania. Anzi, in Germania si pensa di abolire delle Facoltà se non addirittura delle piccole Università, si chiamino esse Greif.swaldl o Erlangen poco importa. Mal comune ... ; ma da noi i tentativi di rimediarvi non hanno rag– giunto del tutto lo scopo. Le Università italiane si dividono in Università di tipo A a totale carico dello Stato, dli tipo B a carico di Enti consorziali con sussidio dello Stato, di tipo O a totale carico di :{Dnticonsorziali. E per esempio: Napoli è di tipo A, Catania di tipo B, Camerino di tipo O. La condizione migliore è quella delle Università di tipo A, le quali in molti casi, pur essendo a totale carico dello Stato, hanno poi particolari sussidi da Enti consorziali, sicché possono mantenere gabinetti scientifici e biblioteche. Ed è bene che cosi sia. L'autonomia amministrat~va da otto anni a questa parte ·ha dato ottimi risultati sotto tutti i punti di vista, cosi come ottimo provvedimento è stato quello di abolire per sempre il rettorato elet– tivo che metteva il Rettore nella difficile condizione di dipendere, anno per anno, dal gruppo d'ei professori che' lo avevano eletto. Il Rettore deve essere espressione del potere centrale, del potere dello Stato, ossia della nostra volontà di ricostruire la cultura e unifi– carla ai fini della- nostra potenza politica. Orbene, in dieci anni noi abbiamo fatto ciò che altri non avrebbe fatto in cent'anni, e, con mezzi modesti, abbiamo cercato di attrezzare. alla meglio, e qualche volta ottimamente, gabinetti scientifici e biblioteche universitarie- che giacevano abbandonate; ma è noto che tutti gli sforzi urtano contro difficoltà che derivano dall'esorbitante numero delle Facoltà, e che in ·qualche Università dli tipo B, dove si è voluto ad ogni costo creare 1'1,1,niversitasstu– diorum, Facoltà, che avevano una tradizione sono rimaste sacrifi– cate e vivono oggi con biblioteche le cui collezioni scientifiche si sono arrestate a dieci anni fa; e ogni professore dispone per la sua materia di poco più di duecento lire all'anno per l'acquisto di libri. Rimediare non è facile, ma tuttavia accentrare su poche Uni– versità lo sforzo economico non sarebbe male. Le altre, che vivano pure con l'aiuto dei Consorzi e, se vivere cosi come sono organiz– zate non possono, che sacrifichino alcune Facoltà e ne abbiano BibliotecaGino Bianco
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