Pègaso - anno IV - n. 7 - luglio 1932

Giuseppe Cesare Abba e Mario Pratesi 27 pencolava, a, professare un partito piuttosto che un altro, ma oggi non ho più dubbio, e veggo chiaramente qual bandiera meriti d'essere seguitata. Oonosco che la libertà non potrà avere pieno trionfo se prima non cadono le monarchie e non si torni a, reggersi a, popolo. Sorte dalla corruzione del mondo pagano che si sfasciava, e dalla, barbarie dell'età nuova, ora anch'essa decrepita, le monarchie s'imposero al popolo facendo eterno divorzio dalla causa di lui. Ma allora il popolo era una mandria o ab– bietta o feroce, ora sente la sua coscienza, e viva Iddio saprà farla valere. Ed è ragione che il potere imperiale sia, di scudo al papato, per– ché l'uno è puntello dell'altro e la caduta della corte di Roma si trae dietro quella dei troni. E Napoleone presidente della Repubblica fran– cese doveva bene fare accorti i liberali delle sue ;nire, quando nel '49 mandò i suoi Reggimenti dove la povera Italia faceva un ultimo sforzo raccolta nella sua Roma. Conobbe la volpe che il bandolo per giungere al trono, era farsi il sostenitore della Chiesa romana. E infatti vi giunse bombardando Parigi e sfidando l'intiero universo. E noi potemmo essere così fanciulli da credere un giorno che egli scendesse le Alpi con l'm~ico intento di rendere indipendente un gran popolo! Anche senza i grandi esempi che p orge la s toria del quanto sia da fidarsi del soccorso stra– niero, bastava ridur.si a, mente l'apologo d~l cavallo che chiede all'uomo cbe lo aiuti a comba ttere il cervo. Ora le mire napoleoniche si sono chiarite quali erano, ora che lui ha preso a fare in Italia la p:arte di Francesco Giusl;lppe, e questi s'è mascherato da rivoluzionariq e nel suo nuovo costume fa_a, Parigi bella mostra di sé, e propina a chi donò a suo fratello la porpora infausta del Messico, e a chi vincendolo a Solferino gli preparò poi altre più serie sconfitte. ,Speriamo f;he i popoli faccian tesoro di quf;lste lezioni che ricevono dai loro padroni, e s'accorgàno che quando chi porta corona gli accarezza secondandoli nelle libere aspira– zioni, non è che per tradirli più tardi. Napoleone si smascherò a Villa– franca: nondimeno molti fra gl'Italiani anche dopo quel tr.adimento continuarono a portarlo a, cielo come il r(ldentore d'Italia, lui che della Italia voleva fare una debole confederazione perché foss(l agevole a Francia tenerla soggetta; lui che volle rintuzzare l'Austria non per aiu– tare una causa santa, ma per un gretto fine dinastico, e perché èl politica vecchia dei Bonaparte impedire l'avanzamento delle altre nazioni perché l'influenzai francese prevalga in Europa, onde Napol(lone voleva ristretti i confini dell'Austria perché se ne avvantaggiasse la potenza di Francia e della sua dinastia. Vedi però quant'era corto l'antivedere di questo impostore, che alla fine non è che un uomo volgare, che se tal volta è sembrato alcunché di straorqinario, fu perché conosce l'arte di farsi scambiare un grand'uomo. Egli nella sua stoltissima, mente, (lredé con un giuoco di scacchi, far sì che le cose procedessero in modo diverso da,l naturale, e non vide che la causa dell'indipend(lnza d'Italia era connessa alla sua unità; necessaria la seconda a mantenere la prima, non vide che la Francia vittoriosa a Solferino sarebbe poi stata sconfitta a, Sa– dov;a, di modo che, egli, il grand'uomo, invece d'avere una confedera– zione italiana ed un'Austria fiaccata, s'è trovato di fronte un'Italia unita, un'Austria liberale, f:l quel che è peggio una gran potenza ger– manica sorta ad un tratto per opera della Prussia. Le mire troppo BibliotecaGino Bianco

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