Pègaso - anno IV - n. 7 - luglio 1932

26 , G. Bandini giamo orgogliosi della grandezza nos~ra d'.un tempo, ~a,rebbe ~e1:'itata quest'accusa? E perché no? Non vedu1mo 1 sottotenenti paurosi d1 per– dere il pane, essi che giovani e vigorosi potrebbero trovare _lavoro e gua– dagno onesti o in patria o altrove ? Eppure ve ne sono molti che avranno pianto allo schiaffo che ricevettero in pieno viso dal_lo~o governo. ~asta; non parliamo più di tutte queste miserie. La Francia e a ~orna,, e 1_ preti cantano l'et portll,f/ inferi non praevalebunt. Hanno ragione ogg~. Ma pensino che v'ha una Nemesi, una Nemesi terribile e i.ndeprecab~le. ~ ben presto potrebbe farsi sentire il vento mosso dalle ali adamantme d1 quella Dea. Oh che Iddio voglia farmi morire giovane, e senza infermità che mi tolgano Ja, padronanza del mio spirito, fino a,ll'ultimo istante .... Caro Mario, io starò qui. Non ho più voglia di muovermi. Verrà l'inverno ed io vivrò fra le mie nevose monta.gne. Se non farò altro stu– dierò. Ohe cosa potrei fa.re pel mondo ? Addio dall'anima. Tuo amico vero. P. S. - Scriverò in morte di Enrico Cairoli. Quegli era un eroe! Un ,eroe dei rari. Ed è morto! - E quando vidi la lista di suoi com– pagni, ,e trovai i ,nomi di sette amici miei fra, quelli, sentii una vampa alla fronte. Era di vergogna. Io che non fui indhitro di loro mai d'un solo passo, non era a combattere al loro fianco! Guarda tu, o Mario, come le sorti della mia famiglia mi hanno ridotto! E l'anima non ha a, guastarsi ? Si, per Dio, si guasta! La risposta del Pratesi dimostra a qual punto le giornate di Mentana avessero scosso la gioventù italiana. Il Pratesi, molto meno appassionato di politica che non il suo amico garibaldino, più vicino, anche per l'ambiente in cui si era venuto formando, alla parte moderata, e, altrove, non indulgente giudice delle respon– sabilità del« berretto frigio>>, è travolto anche lui questa volta dalla passione e dallo sdegno e risponde all'Abba con questa violenta filippica che riteniamo possa esser presa a documento di uno stato d'animo molto diffuso tra la nostra gioventù di quel tempo. Firenze, Domenica 17 Novembre '67. Mio caro Cesare; Dopo quanto è avvenuto, e dopo il tuo lungo silenzio, ricevendo una tua ho provato quello -chic\Marta e Maria quando videro Lazaro resusci– tato. Ad ogni volontario che iMontravà per via domandava con batti– cuore di te, e niuno sapeva dirmene nulla. Quei bravi giovani risponde– vano con molta gentilezza, alle richieste mie, perché l'esser cortesi è proprio dei valorosi, e alla viltà s'accompagna sempre la sfrontata bur– banza. La lungamente aspettata giunse alla fine, e quello chic\provai nel riceverla te l'ho detto. In risposta alla quale io soggiungo che con– sento pienamente alle tue opinioni, e provo il tuo dolore medesimo non tanto per la vergogna imposta all'Italia, quanto per non aver potuto es~ere ~o:11 ~uei :p~odi infelici. Prima che avvenissero gli ultimi fatti le mie op1mom politiche vagavano indeterminate in cerca del meglio, ed io BibliotecaGino Bianco

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