Pègaso - anno IV - n. 7 - luglio 1932

Giuseppe Cesare Abba e Mario Pratesi 25 il Generale e per essere rassicurato. L'Abba, che non si era potuto muovere in tempo da Cairo, risponde subito con la seguente let– tera, nella quale la passione e la esacerbazione dell'anima garibal– dina spiegano la concitazione della forma e la vivacità del con– tenuto: Mio caro Mario, La tua lettera a mio frat~llo mi ha commosso fino alle lagrime. Io mi presi la libertà di aprirla perché sapeva quel che v'avrei letto, e perché il mio povero Camillo non è qui. Egli da quasi un anno è in America. Deh, fosse stato come :nell'altra circostanza in cui tu gli scrivesti! ché egli certamente ti avrebbe risposto, dandoti la notizia che il tuo amico stava al suo posto. Invece son io che ti rispondo: io che, appunto per la lontananza di mio fratello, mi lasciai intenerire dalle lacrime di mia Madre, e m'indugia,i tanto fra questi monti, che quando risolsi di par– tire, mi giunse la novella della ecatombe di Mentana. Io do,veva partire il 5: era mio périsiero di toccare Firenze, dirti addio, e passa,re il con– fine per raggiungere i miei amici. L'avessi fatto sei giorni prima! Ché anch'io avrei data all'anima mia la gioia di affrontare l'impudenza, Fran– cese, e se fossi caduto, meglio per me. Oramai non ci resta che la ver– gogna di essere nati in questa età bugiarda, e di non sapere morire. No; ehé se gli Italiani fossero. quali si vantano da lunghi anni, Garibaldi non si sarebbe trovato con tre o quattromila uomini senz'armi e senza denaro, a combattere la ,sfida apparecchiata da tanti secoli.. .. al papato. Oh Mario Ma.rio, è un gran dolore sentirsi cosi piccini ed abbietti! E vedere gli uomini guidati a guisa d'armenti, e degli eserciti valorosi come il Francese e l'Italiano prestarsi senza rossore a fare il boia e il valletto. Ma tutto ciò è logico : perehé le rivoluzioni fatte a mezzo sono masturbazioni; e Francia ed Italia soffrono il marasma che è retaggio dei giovani viziosi. Gloria a voi, o savi moderati, che gridaste anatema a Parma per la vendetta che ,si prese sopra quel miserabile Auriti, gloria a voi! Perché senZ3/ quella vendetta, anche Auriti comanderebbe oggi una divisione dell'esercito nostro, come avviene del Duca di Mignano, che ha l'anima lorda del Sangue Catanese, versato nel 1849 nella tazza splendida di Ferdinando Borbone. Di tali elementi l'esercito ne ha un numero infinito, e vi hanno i primi onori : qual meraviglia adunque, se 40.000 italiani che hanno sulle loro baionette la polvere ingloriosa di Custoza, stettero testimoni freddi e richiesti, dell'eccidio dei volontari. Freddi, io dico, perché io non credo più all!:l parole.... E v'hanno dei giovani generosi, che io conobbi da Marsala al Volturno, e che ieri sta– vano al confine capi di compagnie e di battaglioni dell'esercito. Con noi essi avevano pensato a Roma, nelle notti gloriose dell'assedio di Capua, çon noi avevano sognato di combattere sotto quelle mura, dove sospira l'anima santa di Goffredo Mameli. Perché nessuno di quei giovani ruppe la. spaùa? Sarebbe vera l'accusa che ci fanno gli stranieri? Dicono che noi non siamo capaci di reggerci senza le dande, e che ci corichiamo assai sodisfatti col ventre pieno della broda ricevuta alla poi:ta di un con– vento ; e colla cicca tra' denti, lai cicca raccattata per le vie dove passeg- BibliotecaGino Bianco

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