Pègaso - anno IV - n. 7 - luglio 1932
G. Bandini Valeva la pena di menzionare questo atteggiamento deferente dei due amici verso un uomo come il Tommaseo dal quale pure tanta diversità di opinioni e di temperamento li divideva, anche perché non mancano nella loro corrispondenza accenni di vivacità anche poco riguardosa per letterati e· poeti circondati allora dalla estimazione dei più. Il Pratesi, soprattutto; che aveva in Toscana più frequente occasione di vederli e di avvicinarli che non l'Abba esiliato nella solitudine di Cairo Montenotte, era il più vivace . . Scriveva ad esempio all'amico da Siena il 31 luglio 1866: ·Ieri incontrai il Poeta RegaJdi che passeggia_ qua in Siena con aria di grand'uomo e di cavaliere. Mi disse che stava leggendo il tuo libro nel quale trovava delle belle cose. Sono pur buffe queste marmotte sodi– sfatte di se medesime e che non hanno più oltre da desiderare. E anc6ra, il 7 ottobre 1867 : .... Mi dici che io ti saluti il Dall'Ongaro. Un tempo lo conobbi in casa Pozzolini. Ma ora egli non si ricorda più del povero me. E poi m'è antipatico come tutti i poeti che se la spassano, se la. godono, e il mondo li saluta, e le gentili Signore li corteggiano e li pregano di un verso per il loro album. Ah! il poeta che cosa sublime è il poeta-, e non può viverci in mezzo a questi fantocci che si chiamano uomini. E il poeta non è un uomo, è un poeta;. Quindi dev'essere un martire. E, più ferocemente, il 27 gennaio 1868: .... Ohe poi i letter~ti non t'abbiano dell'Arrigo, dove io sostengo che vi sono delle pagine grandi, fatto parola, non mi stupisco. Non v'è gente più maligna e invidiosa di cotestoro. Non son altro che gente tea– trale; che attori felici di questa commedia del mondo, dove quelli che ridono sono i ciarlatani e gli stupidi. Tu lo vedessi il Prati passeggiar per Firenze con la fettuccia all'occhiello e con l'eterno sigaro in bocca. E l' Aleardi con voce studiata parlar tutto lindo di Fidia e di Prassitele alle Signore. Ah! le Signore quanta virtù hanno d'ispirare le loro anime! E infatti ne' versi dell' Aleardi sento un odore di toelette e d'acqua di colonia che m'innamora. Si sente proprio che mentre stava scrivendoli pensava a quanto avrebbero commosso la Contes,sa C, la principessa A e che brividi avrebbe suscitato nel giovane sangue della Marchesina X col dire che egli col trave del patibolo in faccia aveva combattuto le sue batt~~lie con la spada del canto. E il Regaldi tu lo vedessi anch'egli eroc1s1gnato, con una muffa da professore e da cavaliere che muove al vomito, spar:ciarsi ~el più gran poeta d:l mondo! Ah! mio· caro, è meglio essere oscuri e morire! Aveva ben rag10ne Byron che era veramente la. personificazione della poesia, a. compiacersi dell~ rupi e dei mari e· di fuggire questa Società tanto ridicola. Vero è che, a mente pacata, la rettitudine dell'animo e dell'in– telletto faceva tacere la insofferenza contro gli «arrivati» e tem- Biblioteca Gino Bianco
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