Pègaso - anno IV - n. 7 - luglio 1932

Giuseppe Cesare A~ba e .Mario Pratesi 21 volte m'accade di non frenarmi, e-se n'rueuor!L il buon vecchio. Non so se avrò il coraggio di risalir 1e sue scale. Vlèldiun poco a che conduçe questo non poter più credere a nulla: a non rispettare più nulla: rn~m– meno un povero vecchio accecato che tutto il giorno lavora e soffre, soffre molto pel soverchio de' pensieri, e delle fatiche. Ma io non so come con– durmi con lui; mi ci trovo a disagio e impacciato . .S'egli non mi pagasse, e ,S(l io i;ton fossi bisognoso di tutto, ne sopporterei pazientemente le im– pazienze e gli sdegni, perché non cadre~be dubbio che quella mia soffe– renza non provenisse da affetto e da profonda devozione al sapere, al- 1 'ingegno e alla sventura. Ma lèlssendoio miserabile, anche lo zelo di ben servirlo mi sf;\mbra una tacita adulazione. Poi sopraggiunse un amore infelice del Pratesi per la :figlia del Tommaseo. E il Pratesi scriveva all'amico 1'11 maggio 1868: .... Ma ora soltanto esco dal pelago, e dalla riva non ho coraggio di rivolgere addietro gli sguardi. Non potei rannodare le corde infrante di quell'amore. Ho scritto al T. : m'ha risposto che avessi compassione di lui e di me stesso: che pensassi che tanti immeritamente soffrivano più di me: che sapeva quello che m'aveva detto: non gli scrivessi non avendo alcuno da cui farsi leggere. Egli mi disse a voce : se è destinato si farà. La colpa è mia, ma tu sai. Non m'accusare di debolezza. Ohi esce da una lunga tortura non può aver ·forze di salir la cima d'una, mon– tagna: Rimossi tutti gli ostacoli: schiusami la speranza ed il cielo, ho trovato l'ostacolo in me. Non ho potuto vincere gli scrupoli, i dubbi, le ansie, j. centomila fantasmi della coscienza. Qui davvero è il destino. Nondimeno anc6ra non cedo. •Stamane però ho fatto sangue dal petto: il cuore mi martella come mai in vita mia. Quando il Tommaseo morì, il Pratesi ne accennò all'amico con grande sobrietà dì parole, il 20 maggio 1874: Di me nulla ti posso dire: non. faccio nulla perché m'è impedito di fare dalla salute tribolatissima, e da grandi dolori, tra quali, ora, quello della morte del Tomma,seo. E l'Abba rispondeva il 22 maggio : .... Povero Tommaseo ! Tu sai quel che io pensava della sua ira alla memoria del Foscolo : ma quando ne intesi la morte, rimasi profonda– mente afflitto. Afflitto quasi come di quella di Mazzini. E rammentai la paterna dolcezza con cui mi pa.rlò in quella sua ,stanza, dove lo visitai nel '65. Stavamo in piedi nel vano della finestra che dà sul Lung' Arno. Nella sala umile di ricevimento parlavano due donne ed una, di esse pian– geva, e il venerando vecchio porgeva l'orecchio insieme a quel pianto e alle mie parole. L'Italia ebbe pochi uomini di tanto carattere; e gli onnipotenti d'oggi che hanno fatto l'apoteosi di Manzoni, non hanno osato fare altrettanto intorno al feretro dello sdegnoso Dalmata repub– blkano e creden,te. Anche questo fu per me un segno dei tempi. BibliotecaGino Bianco

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