Pègaso - anno IV - n. 7 - luglio 1932

18 (}. Bandini Il Pratesi si era intanto trasferito nell'estate del 1867 da Siena a Firenze e dava al principio di settembre questo annuncio al– l'amico: Ho trovato da lavorare presso Niccolò Tomm,1seo, ma la fatica è grande, il frutto che ne traggo è meschino. Il Tommaseo però è uomo integro e mi sono di qualche conforto le sue parole spesso affettuose e cordiali. L'Abba rispondeva a questa notizia con una frase che il Pratesi a torto credeva ironica e che gli dava occasione a parlare così del Tommaseo e del suo ufficio presso di lui: Firenze, 20 Settembre 1867 . .... Ho capito l'ironia dell'ultime parole della tua lettera. « Se verrò a Fireillze cercherò ,subito del mio Mario presso il ,Sig. Niccolò: e visi– teremo insieme le colline di Bellosguardo ii. Abbiamo spesso, a Pisa, par– lato insieme de' torti fatti dal Tommaseo alla sacra memoria del Leo– pardi e del Foscolo che sono i due più magnanimi che l'Italia abbia avuto da Dante in poi. E per queste colpe ebbi il Tommaseo in concetto d'alquanto maligno, ma conoscendolo da vicino si fa di quell'uomo giu– dizio diverso che dagli scritti. L'acrimonia nel giudicare quei grandi infelici, a mio credere proviene, non da rnalafeàe del cuore, ma sì da intolleranza, di opinioni. Nel Tommaseo il sentimento dell'arte è si im– medesimato alla fede, da formare in lui ton la fede un'unica cosa. E l'arte che il Tommaseo è conformato a sentire potentemente è quella cristiana: quindi egli è cristiano per sentimento d'artista e prende_ in odio chiunque fu scetticamente ·pagano e delle forme pagane si com– piacque un po' troppo. Di qui l'origine del suo malignare e inviperire contro il Foscolo e il Leopardi, contro i quali non sa usare maggior carità come quelli che l'offendono in ciò che costituisce la sua vita più intima. Anche dal luogo che egli ha scelto per sua dimora si conosce quanto si compiaccia di provare certe sensazioni delle quali ha bi,sogno. Pensavo a questo ieri sera, mentre m'infastidivo facendo degli spogli pel dizionario della Crusca. Il povero cieco, com'è suo costume, passeggiava sn e giù per la stanza. Le finestre erano spalancate: cadeva tacita e lenta un.a pioggia capace di far venire lo spleen, o per dirla all'italiana il gira– mento anche a.i sassi, e dalla chiesuola della Ma-donna delle Grazie veniva il canto delle donne che cantavano le litanie. Anch'io in quel momento mi sentii intenerire, ma se una volta il popolo pregan,te mi parlava di Dfo, ora non mi parla che dei dolori di questa povera umanità un po' meno infelice se pregando con_fida d'essere udita. Capii che il pdvero Tommaseo di q_uestecose viveva e si conforta.va. Del resto io gli voglio bene perché egh non è un gaudente e dal suo vol to dal suo tuono di voce s~ riconosc!l l'uomo che ha profondamente patito.' Credi che fa proprio pietà vederli:>a quel modo logorato dalle fatiche dell'intelletto e cieco e nondimeno tanto smanioso di far da sé. Io lavoro volentieri per lui p~r– ché non è un grasso gaudente, un professore alla moda come tanti ce BibliotecaOino Bianco

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