Pègaso - anno IV - n. 7 - luglio 1932

Giuseppe Cesare Abba e Mario Pratesi 17 gov,ernare ! Ohi è che non la vagheggia nell'animo? Ma veniPci, qui sta il difficile,- io dico. Il D'Azeglio ·crede possibili sacerdoti ardenti di fede e di carità, come politici giusti e leali. Io non intendo legar le scarpe al grand'uomo, ma secondo il mio piccolo discernimento credo che ciò non potrà esser(l mai. Religione e politica conformi al vero ed al giusto vivono nei concetti astratti del vero e del giusto, non nella pratica, perché nelle mani degli uomini, t:utto, anche il Vangelo, diviene stru– mento di corruzione. Tutti i governi vuoi teocratico, vuoi democratico, od oligarch-ico traggono lor colore e loro sostanza dalle. umane passioni, dal proprio geloso interesse. In ciò consiste quel13ibruttissima cosa, quel mostro infernale che chiamasi ragion di stato. Onde io non la tengo più daUa porpora che daJ. berretto : nell'uno o nell'altra forma son sempre uomini che governano, ed essi agiscono secondo che soIJ,o: posti sulla bilancia i delitti della porpora e quelli del berretto si vedrà che le pro– porzioni ,saranno uguali. Io non vedo nella storia che una sequela j::on- tinua di vendette: la legge del tag1ione è quella che più predomina: la repubblica che ingoia il regno, il regno che si vendica della repubblica~ i nobili che mettono sotto i piedi la plebe: la plebe che impicca e ga– vazza nel sangue de' nobili : i Guelfi che sopraffa:rino i Ghibellini ed alla lor volta son sopraffatti; e così via via, un'altalena continua di vitu– perio, di guerra, di tradimenti, un farsela da buoni fratelli, e le leggi andare da Erode a Pilato, e servire ora in pro di quello, ora dell'altro, tanto che si perde ogni criterio di verità e di giustizia che rimangono nell'ordine delle astrazioni, non in quello dei fatti. Pur troppo la poli– tica esposta in trattato dal Machiavelli non è che l'arte di tutti gli uomini e di tutti i governi: né il segretario fiorentin<;>la tras'se dal suo cervello; bensì dall'esperienza dei fatti; e soprattutto dalla storia dei Romani che furono i più scellerati e perciò i più sapienti, e i più fortu– nati politici dell'universo. E v'è questo di male che quei governi che non si valg~mo di tal politica vogliono aver corta vita e mai si possono assicurare. Da ciò •si deduce che politica ed onestà s'escludon fra loro: né può essere diversamente dovendosi lottare contro tanti umori ed inte– ressi quanti sono cervelli, per cui ogni governo deve aggravare la mano sulla parte contraria cercando di rintuzzarla e distruggerla. <Sitratta d'ammazzare perché non ci ammazzino. La democrazia che vorrebbe i.l D'Azeglio, una democrazia cioè di gentiluomini cavallereschi, non è che il sogno d'un'anima buona qual'era la sua, e dicendo che solo per tale democrazia perverremo alla pace, è lo stesso che dire rimarrell\O in guerra perpetua e così infatti sarà perché così sempre fu. Gli uomini incessantemente s'affannano a trovare quel certo equilibrio pel quale senza lotte e senza rovine si vada innanzi: ma alla lor volta anche le lotte e le rovine son fruttuose di bene, onde, in questo caso, sono una n~essità 11aturale. Chi ci capisce nulla? È un gran guazzabuglio, un gran profondo mistero e la nostra pochezza di noi che siamo tanto su– perbi, si manifesta nel non saperlo spiegare. Gli uomini s'affannano in cerca della felicità, di questa incognita ro per giungere alla quale non sappiamo la via, ma è inutilmente; non mai si diviene né meno tristi, né più felici. 2. - Pègaso. BibliotecaGino Bianco

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