Pègaso - anno IV - n. 7 - luglio 1932
12 G. Bandini la mente, egli rimane calmo e impassibile a scrutare il mistero lut~uo– sissimo della vita a significare gl'inutili sforzi dell'anima per cogliere il vero e svincola;si dalle torture del dubbio, ed egli con freddezza ana– tomica svela gl'impulsi di questa povera, anima umana e le vie per le quali procede guidata dal caso e dai propri istinti. Nel Fa.usto son rap– presentati i conati ,dell'umana ragione, le torture dell'mtelletto che quanto più si sforza per giungere al vero ed in esso quietarsi, e _tanto maggiormente questo vero gli sfugge, e lo sprofonda nel dubbio._ E sempre e dappertutto è dolore; credi di giungere al ~ob~o della b~ahtu– dine ed invece ti trovi pervenuto all'estremo della nuseria e del pianto: dolore e cruccio infinito nelle notti spese a domandare alla scienza la soluzione del tremen,do problema: dolore accompagnato da acre rimorso uella voluttà dell'amore, nei baci deposti sulla fronte verginale di Mar– gherita. Il tuo demone ti acceca mostrandoti le cose sotto il velp del– l'illusione che cela le lacrime. Possedute che hai queste cose la scena si cambia e non ti restano che il rimorso e gli spasimi d'un dolor di– sperato. Tale è l'anima umana, tale è la vita che Goethe svela sapiente– mente in quel suo gran libro del Fausto. Se non che leggendo Goethe si sente che egli ha poetato nella calma sicura dell'intelletto non offuscato, né ispirato dalla passione. Egli svela le torture tutte del genio indivi• duate nel Fausto, ma sembrami che il poeta guardi questé torture dal– l'alto, non ne senta, la punta. mentre le narra, non è quindi il Dante de' nostri tempi. E poi nel Fausto ha molta parte l'individualismo ger– ma,nico e in quel libro non è la vita unica e complessiva del nostro secolo. Ma coine in Dante sono tutte le disposizioni d'una età che inco– mincia, cosi in Byron àvete tutto quanto è proprio d'un'età che vuol rinnovarsi, d'un'età che rotto con sublime coraggio· il circolo simbolico d'una fede inventata, si abbandonai sfrenatamente a esercitare la propria ragione nel buio dell'ignoto, e ne tenta gli abissi senza che alla domanda che muove •succeda l'invocata, risposta. In Dante è la luce della speranza che fa di questa vita una preparazione all'altra spirituale ed eterna, in Byron questa luce è distrutta dal dubbio, e ne' suoi poemi sono le con– vulsioni d'un ingegno superbo che si arrovella di non avere la potenza di Dio, e le torture d'un'anima che consuma se stessa non potendo espan– dersi e ricrearsi nella fede degli affetti e nei conforti della speranza. E l'anima di Dante rimane sempre immutabile perché immutabili rimane– vano i tempi procedenti con moto insensibile: l'anima di Byron si mo– difica continuamente perché non sorretta da veruno -di quei principii che la. ragione ammette coine certi e incontrovertibili. Avrai una prova di ciò se paragoni la promessa sposa d' Abido, poema dove è tutto l'a,rdore e la tenerezza d'un'anima innamorata, col Don Giovanni dove il poeta ormai avvelenato dai disinganni, si ride, d'un riso che fa piangere l'anima, dell'amore e della virtù, e se talora in quel poema si abbandona alle passionatissiine ispirazioni che ricordano i suoi primi canti, ad un tratto, quasi rientrato in se stesso, bruscamente le tronca e tornando alla celia, spesso triviale, sembra che voglia ridersi della commozione che s_us~itò nel lettore il canto soave della sua Musa tradita. I perso– naggi di Byron sono tanti Prometei, tanti Titani. In essi impresse il poeta lo stampo dell'anima ,sua e ne fece figure grandiose che sfidano BibliotecaGino Bianco
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