Pègaso - anno IV - n. 7 - luglio 1932
10 G. Bandini vano dalla putrida terra .. Ma ora son solo, e tu come me vivi n~lo ~on: forto e ti dibatti nelle tenebre che ti circondano. Che dobbiamo 1101 fare ? Pure ,se medito la tua vita trovo che per te può tornare anc6ra a sorridere del sorriso della, .speranza. Il tuo passato è troppo eloquente e ripieno di troppe grandi memorie, hai troppo veduto e sentito perché tu debba accasciarti sotto il peso della p~ss10ne. A te non è mancato l'alimento consentaneo alla tua natura, a me tutto è manc~to, e questo fin dagli anni più teneri, e se il mio pensiero medita il ~ramma luttuo– sissimo della mia vita, simile a chi s'inoltra in tetra ed mfetta caverna, smarrisce ogni lume e torna indietro atterrito.... . . . .... Cesare, ·amico mio, ascolta le parole di tale che ormai è d1sc10lto da ogni speranza ed illusione terrena, e sente vicina la morte maestra di verità. Non dis<perdere i tesori dell'anima tua, pla,ca la tempesta che ti travolge e salva,ti dall'estremo naufragio. Affratellati éon gl'infelici, e diffondi nelle anime preparate a riceverli i fi-utti dell'esperienza, que– gli alti concetti c:he solo si a,.ppreri.dono nel dolore. Cosi potrai salvare molte anime che benediranno.il tuo nome, e nell'esercizio, del bene darai uno scopo alla sconfortata esistenza . .... Mi domandi dei miei studi, ma anch'io non studio <più niente. Son ridotto a tale che non m'è più possibile veruna profittevole appli– cazione. Traggo qualche conforto dalle armonie di Virgilio e da quelle più severe e s:ublimi della Divina Commedia, Ora medito la Georgica e la ,serenità veramente campestre di quelle grandi pitture mi distrae al- quanto 'dai miei pensieri. · Siena, 17 Febbraio 1867. Amico, fratello mio, La tua lettera mi ha fatto treJUa-re. Non so che risponderti. Mi ac– corgo che tu sei molto scorato, né vedo rimedio a\ tuo male se non che nella forza dell'anima tua. Ma tu ti compiaci di lasciarti trasportare da quell'umor disperato che ti avvelena la vita, e deposte le armi te ne stai nel profondo del tuo dolor(l senza tentare di sorgere. Da un pezzo anch'io mi trovo in codesto stato; nondimeno mi ,sforzo di <proseguire per questa via maledetta, ostinato a non fuggire dinanzi al mio empio destino. Ho l'anima piena, traboccante di bile e dolore, e tra le sventure mie proprie e quelle che te pure tormentano sento che vado a perder la testa. Oh ! la provvidenza! se molti soffrissero quello che ;io, il mondo sarebbe pieno di atei. Ma dunque, amico mio, non vuoi far forza a te stesso ? Vorrai di– Sp(lrdere ,senza profitto l'ingegno e l'anima tua? Vorrei esserti vicino e sentir la tua voce come la sentii a Pisa quella sera nella quale ti abban– dona,sti con me a dolorose espansioni. Parlammo insieme fino alla, mezza– n~1tte, poi uscimmo a passeggiare· per il Lung' A;no. Era una bella serata ù1 Marzo, e tu alzando gli occhi alle stelle pieno di entusiasmo escla– masti: - Eppu~e vi è Dio!. .. - Sublimi parole, lampo di luce divina emanato dall'amma del poeta. Vieilli a Siena, mio caro Cesare. Staremo insieme, ammireremo i portenti dell'arte italiana, i magnifici quadri del~a sc~ola s_enese, ~eggeremo insieme Dante, Foscolo, Leopardi; i no– st.n cari poeti. Fuggi codesta solitudine del tuo paesello, e se non vuoi BibliotecaGino Bianco
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