Pègaso - anno IV - n. 7 - luglio 1932
Giuseppe Oesare Abba e Mario Pratesi 7 l'intero carteggio gli riserberebbe, di conoscere a nudo, nelle luci e nelle ombre, due spiriti eletti. Nella presentazione frammentaria e saltuaria, taluni atteggia– menti e giudizi del periodo torbido della giovinezza potranno sem– brare eccessivi; taluni sentimenti e stati d'animo dominati dalla nota elegiaca del pessimismo e dello sconforto potranno apparire quasi anormali; qualche apprezzamento su vicende politiche e sòpra uomini del tempo potrà sonare troppo aspro e addirittura precipi– tato ed ingiusto. Occorre, però, che il lettore si riferisca sempre alle passioni ed alle tendenze del momehto st9rico in cui. la singola lettera fu_ scritta. II. Non indugeremo troppo sui primi mesi del carteggio : lo scorcio del 1866 e l'inizio del 1867. Predominano nelle lettere del Pratesi, - quelle dell'Abba, come si è detto, ci mancano fino al settem– bre '67, - l'angoscia di non poter raggiungere l'amico a cagione delle aggravate condizioni di salute,. il dolore per la lontananza di lui e l'a,nsia per la sua sorte, la sollecitudine assidua perchè i gior– nali ed i critici si occupassero del poema Arrigo che l'Abba aveva pubblicato poco innanzi di partire e che Enrico 1 Mayer (al quale apprendiamo da nna di queste lettere del Pratesi esser dovuto il cenno bibliografico elogiativo comparso sulla Antologia) pensava a diffondere fra i combattenti. Riferiamo però; almeno, qualche periodo che ci dà il tono di tutta la corrispondenza. Pisa, 7 Giugno 1866. Amico, .... Tu mi esorti a tralasciare il pensiero della campagna. Pur troppo l'ho dovuto deporre. Queste ultime violenti emozioni e lo strazio che di giorno e notte faccio di me mi hanno ridotto agli estremi e aispetto d'ora in ora l'angelo della morte. La mia vita è un mistero. È indecifrabile come certi fenomeni che escono a rompere le leggi normali stabilite dalla natura.,. Pur come mi sembrerebbe bella e divina la vita se potessi ar– rischiarla, se fosse vita realmente, e la potessi fidare ai venti, ai ful– mini, alle tempeste, e provare la voluttà dei sublimi pericoli. Inveçe io sono avvinto di ca.tene come Prometeo e mille avvoltoi tutti neri e ra– paci mi rodono il cuore, l'anima vola, vola.,, vola ed il corpo è scosso, affranto da questi voli e marcisce in una stupida immol:iilità. Entro di me si agita· un mondo infinito di poesia, ma questo mondo si dilegua nelle tenebre quando mi assalgono le memorie del mio passato, e l'anima nega Iddio e vuole annientarsi. Le immagini di questo mondo non pos– sono vivere fuori di me perché le stecchisce il disinganno e il veleno che gli uomini mi hanno versato nel cuore .... Vi sono certe persone alle quali presto subito fede, alcune altre mi tengono in perpetuo dubbio ed anche BibliotecaGino Bianco
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