Pègaso - anno IV - n. 7 - luglio 1932

M. PUCCINI, La prigione 121 b~le 1?-alattia miete vit~me, _là dentro, fra i _condannati, i quali le sog– giacc10no con una, specie d1 cupa voluttà, rn mezzo all'indifferenza o a!la_f~rocia dei ~rcerieri_; e_con una ~pecie di cupa voluttà quei disgra– ziati msozzano d1 sboooh1 d1 sangue rnfetto le mura umide fanno rin– tronare di colpi di tosse le celle, prendono quasi gu.sto, ~egli ultimi giorni della loro esistenza, a, trasformare quelli che furono gli aguzzini in loro infermieri e servitori. Questa cupa visione avvelena anche l'aspetto della cittadina, l'incappuccia sotto un'ombra di dolore e di gravità, smorza il suono delle campane delle chiese numerose, fa rincan– tucciare gli abitanti « che non ridono mai » entro botteghe basse e case oscure, sembra che perfino sulle braooia rosee di due ragazze, che su una finestra equivoca di una. grande piazza solitaria aspettano i sergenti della guarnigione, metta un'ombra di tristezza. I sergenti di cavalleria sono i soli, con la loro spavalda giovinezza, con le sciabole tintinnanti, con le chiassose risate, che tentano di rom– pere l'aria stregata della cittadina; ma come ogni tentativo di gioia è soffocato dall'ombra del reclusorio, così di fronte alle labili malinconie di Amelio si erge, nella prima parte del romanzo, viva e dominante l'im– magine di quell'altro dolore vero, tragico, che sembra il male stesso della vita. Bellissimo tema, uno dei più belli che siano balenati in questi ultimi anni ai nostri scrittori di romai;izi. Senonché il libro di Puccini non è tutto qui. Solo dopo il primo cen– tinaio di pagine s'incomi:gcia a, intravedere qual'è il disegno vero del– l'opera,: e cioè quella tale idea di accoppiare alla prigione vera la pri.: gion(l intima e sentimentale in cui il protagonista; lentamente si involve. Ora non si può dire che questa idea non potesse avere i suoi vantaggi e che non contenesse in sé uno spunto originale. Ma purtroppo la seconda prigione, quella. morale, è assai meno interessante, cioè è artisticamente assai meno riuscita della prima. Le ragioni di questa differenza sono molte. Anzitutto la prigione in cui si racchiude Amelio è quella che ormai conosciamo attraverso tanti romanzi : una prigione, si direbbe, «crepuscolare)). La dedica del libro a,d André Gide chi sa quali audacie e ambizioni farebbe sospettare: uno .strappo, una ribellione a, tutto il mondo borghese. Sta di fatto invece che le timidezze di Amelio di fronte alla vita, quel suo continuo tentennare tra le imposizioni delle due padrone di casa, che lentamente lo imbrigliano nelle loro fisime di zi– tellone inacidite e nevrasteniche, e la voglia che Amelio avrebbe di andare con i sergenti chiassoni e allegri, •di salire le scale di quella « casa con le due ragazze», queste timidezze e incertezze ed altre che a queste somigliano già si conoscevano e nulla aggiungono all'originalità del ro– manzo. Ma un difetto più intimo investe la struttura stessa del libro e vi porta dentro uno squilibrio : nella prima parte del romanzo Amelio è presentato con una certa simpatia e benevolenza o, per lo meno, è gra– zie alla sua sensibilità e gentilezza, che i lettori intravedono con tanta efficacia la vita dei carcerati; invece, più avanti, per il troppo insistere dello scrittore sulla timidità e sulle incertezze quasi puerili di Amelio; la bontà di lui finisce per semhrarci soltanto debolezza, la ,sua timidità si scopre per dabbenaggine. Fino all'ultimo il lettore spera. che Amelio i ribelli e che la stessa dolorosa tragedia che gli è vicina e che egli sente ibliotecaGino Bianco

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