Pègaso - anno IV - n. 7 - luglio 1932
C. LINATI, Scrittori anglo-americani 119 e nei frasari comuni anche di molti che non li hanno mai letti e non ne conoscono, qumdi, né la precisa individualità, né l'esatta posizione let– teraria. Per gli altri, la preparazione del Linati ad intendere i suoi autori prediletti può apparir monca, saltuaria e poco aggiornata anche tenuto il debito conto della data in cui questi 'scritti videro' per la prima volta la luce e ,prese nella dovuta considerazione le note biblio– graificb.e aggiuntive. Ma è chiaro che il Linati non ha scritto per un pubblico numerato di critici è di iniziati e che i l suo stesso abito men– tale è più proclive alle eleganti nonchalances che a.ne pedanti precisioni. Del resto, è bene ricordare che molti degli scrittori di cui il Linati si occupa non hanno trovato neppure in patria introduttori più esau– rienti e conclusivi di questo nostro simpatico « maestro di cerimonie ii italiano. La critica che corre su per i giorn.ali e 1e rivist.P. d'Inghilterra e d'America è ben lungi dall'avere quella profondità ché molti inesperti stranieri ,s'immaginano; si diletta troppo spesso in una vaghezza discor– siva che poco nasconde perché poco intravede; ed anche quando ha il coraggio di accettare degli « avanguardisti ii e degli « eccezionali n, 1o fa senza accorgers;i, il più delle volte, della entità reale o della portata probabile delle loro innovazioni. Lo stesso -Gosse, ad esempio, accon– discendeva ad occuparsi del le poli fonie e degli acrobatismi verbali di una Edith 1Sitwell, ma senza por.si sul serio il problema di questa nuova poesia. Non elogeremo il Linati che non ,si pone problemi da risolvere e par sfuggirli di proposito, come quando nelle troppo scarse pagine dedicate a Virginia Woolf non affronta neppure quello che è l'intento peculiare di questa scrittrice (la scomposizione dei piani del romanzo, la sommer– sione della, trama narrativa nelle atmosfere dis1solventi e alonari dèlla subcoscienza), o come quando dimentica il nucleo tragico di Moby Dick, l'allegoria oceanica; e baleniera di Hermann Melville. Certe renitenze o reticenze del Linati gli sono inevitabili e serviranno a far desiderare più prossimo l'avvento di un periodo di studi e di a,pprofondimenti in cui lo stesso gran pubblic.o cui egli si è rivolto e si rivolge, esiga, me– glio che le brevi presentazioni, monografie distese e complete intorno a singoli autori che possano comunque interessarlo. . Del resto anche allora, malgrado questo avvento, nulla toglierà che si possa dare il benvenuto alle pagine di un buongustaio propizia– tore come il Linati, il quale è di coloro che hanno mantenuto desto, con zelo vivace e con amore non mai smentito, il desiderio di avvicinare il pubblico italiano alla letteratura inglese e a quella americana, tradu– cendo e illUJStrando, spesso facendo opportune rivelazioni, spesso affron– tando autori difficili a scoprire e dissodando per il più gran numero un terreno che altri poi hanno -professionalmente coltivato. La versatilità di gusti e di intuiti che lo fa. muovere facilmente da un Butler ad uno Huxley, da un .Swift a uno .Strachey, la curiosità intellettuale che gli ha permesso di aprirsi una porta nei cenacoli degli innovatori americani esuli sul continente europeo e di rimanervi come un ospite interessato se non convinto, la candida e sollecita premura che lo ha spinto a porsi in contatto colle più nuove scuole e le più ardite esperienze, pur non dimentica-ndo i classici tradizionalisti, son doti che bisogna riconoscer- blioteca Gino Bianco
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