Pègaso - anno IV - n. 7 - luglio 1932

Hotel· Astoria 89 Le settimane, i mesi sono segnati da nomi d'uomini di Governo da nomi di battaglie perdute, da numeri : morti, feriti, gradi sotto zero. Sttirmer rimarrà anc6ra _alla Presidenza? Non è un russo, è un tedesco anche lui chiamato per- fare il gi<:>co della Germania. La Zar,ina e Raspùtin sostengono Prot9popoff e le sue reazioni in– consulte di spinitico all'ultimo stadio. Ma è poi vera questa sudicia storia di Raspùtin? La raccon– tano i giovani deputati nazionalisti che forse per sn-0bismo si me– scolano agli ufficiali dell'aristocrazia. - 1Male, - dice la vecchia Kleinm:ichel che ha molto amato e che vive oggi del suo salotto diplomatico : - in Russia, quand'o gli ufficiali della guardia ri– nunziano al gioco e alle donne per fare della politica, bisogna aprire gli occhi e attendersi di tutto. Anc6ra Sttirmer, Protopopoff. E il Ministro degli Esteri Po– krowsky che risponde smarrito con vane parole ai diplomatici che lo perseguitano per poter fare il telegramma. Il Ministl'o di Ser– bia scuote la sua criniera grigia .. Ci sono i pessimisti e gli ottimisti. Alcuni vedono in questa agitazione febbrile il sintomo rivelatore d'un male profondo e fatale. I più invece la oonsiderano una reazione che farà rinsavire lo Zar, che potrà ridare ooesione al popolo e coraggio all'esercito. Clemente Origo che ha qui cugini e nipoti mi dice: - Non ri– conosco più questi russi. - Quando sono triste e ho freddo salgo da lui ·a farmi raccontar delle Alpi Apuane e di d' An~unzio e di quella sua spiaggia bianca di sole. La sabbia è rovente, c'è odor di pini. ,Da tempo Orig<:> rimane ore e ore nella sua stanzetta tappez– zata di fotografi.è. Dice : - Comincio a odiare questi russi. Iersera a mezzanotte passai a salutarlo. Era a cavalcioni su una seggiola, impugnava il grosso revolver d'ordinanza, lo teneva puntato al soffitto. Mi urlò: - Non ti muovere! -, Poi sc-0ppiò a ridere, buttò– l'armà sul letto. Rideva in modo strano. _Poi riusci a parlare: - Un grosso generale che ha la camera sopra la mia, ogni sera da mezzanotte alle due passeggia sulla mia testa, me la schiaccia coi suoi stivali. L'ho pregato invano dì smettere. Allora gli ho scritto che son malato di nervi, che non reggevo. Ha continuato. A denti stretti ogni notte contavo i suoi passi, guardavo l'orologio. Respiravo ,soltanto· quando nel vano della :finestra e della porta si fermava un attimo prima di riprendere quel suo passo di belva. Diventavo pazzo, pensavo al suicidio. Son tornato a scrivergli che se stasera riprendeva la ronda, sparavo, parola dì soldato. - Sono le dodici e trenta. Il generale deve essere a letto da un pezzo. Possiamo uscire. BibliotecaGino Bianco

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