Pègaso - anno IV - n. 7 - luglio 1932
88 *** colpo sul viso d'un portinaio o d'uno spazzino. Hanno fame. Oggi neanche Deréscenko oserebbe percuotere :un isvoscik. Qualche volta nella maschera sorridente delle donnette che la sera passeggiano sulla Prospettiva sorprendi uno sguardo d'odio. E in chi si diverte già senti lo sforzo. Si mangia male. Si cer– cano ristoranti fuori mano nella speranza di trovar meglio. Si arriva con una bottiglia e la ·si nasconde sotto la tavola. Ma troppi ., occhi si fissano su di noi, sgranati e tristi. · Si parla delle truffe allo Stato organizzate dal b~nchiere Ru– binstein e dell'allontanamento di Sazonoff dal ,Ministero d'egli · Esteri. Non vedremo dunque più la sua faccia volpina e quegli occhi acuti che dicevano di sapere prima che l'interlocutore par– lasse ? I più vogliono scorgere nella caduta di Sazonoff un prossimo riavvicinamento alla Germania. Riprendono le vociferazioni: Ra– spùtin, « la tedesca». I deputati cadetti vengono all'Astoria, e poi uno di loro passa all'Ambasciata d'Inghilterra. Le giornate s'accorciano e l'albergo si riempie. Gli stranieri si inettono a studiare il russo. Arrivano maestrine bionde, dimesse o sgargianti. È duro questo secondo inverno. Nella luce elettrica i volti tornano impassibili. Nella notte con– tinua i russi sembrano ritrovarsi e riacquistare quel loro senso delle cose fatali. L'estate di Pietrogrado bella e già morta, pare oggi anche a me una stagione innaturale e malata, e velenosa quell'ebrietà che mi dava e che mi serpeggia anc6ra nel sangue. Sono in una poltrona presso l'atrio a fumare e la poltrona mi inghiotte. Mi sembra di vedere senza esser veduto. Le stesse pel– licce, e, sopra, gli stessi visi ma consunti. È passata una stagione : è come se fossero passati due anni. Cerco negli occhi una traccia di smarrimento per la disfatta romena, per l'immobilità dell'eser– cito russo, per la fame arrivata ooi primi geli. Gli oochi sono chiari, vuoti. Dinanzi alF albergo passano per quattro i soldati con la testa che gira a destra, a sinistra, sul tabarro lungo sino a terra, e cantano. Nella piazza il canto è teatrale. Ma fuori diventa subito una invocazione senza speranza. Ogni soldato in quelle note lunghe cerca la voce della sua terra; e sembra che tutta la città l'acoom– pagni. Il canto incupisce, ondeggia come la folla dinanzi a uno sbarramento. E allora i sottufficiali lo spezzano segnando il ritmo del passo : - Na dva) tri citiri. Un fragore che è come una scarica di mitragliatrici. BibliotecaGino Bianco
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